Visualizzazioni totali delle visite sul blog "Mitrokhin" dalla sua nascita: 08 Novembre 2007

Classifica settimanale delle news piu' lette sul blog Mitrokhin...

Cerca nel blog

Vota il mio blog...

siti migliori

Translator (Translate blog entries in your language!)

domenica 20 aprile 2008

Benito Mussolini...chi era! Il personaggio...

Benito Amilcare Andrea Mussolini (Dovia di Predappio, 29 luglio 1883Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945) fondatore del fascismo, fu primo ministro del Regno d'Italia dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943, con poteri dittatoriali dal gennaio 1925 al 25 luglio 1943, Primo Maresciallo dell'Impero dal 30 marzo 1938 al 25 luglio 1943, e Capo (Duce) della Repubblica Sociale Italiana dal settembre 1943 al 25 aprile 1945.
Fu esponente di spicco del Partito Socialista Italiano, e direttore del quotidiano socialista Avanti! dal 1912. Convinto anti-interventista negli anni precedenti la prima guerra mondiale, nel 1914 cambiò radicalmente opinione, dichiarandosi a favore dell'intervento in guerra. Trovatosi in netto contrasto con la linea del partito, si dimise dalla direzione dell'Avanti! e fondò Il Popolo d'Italia, schierato su posizioni interventiste, venendo quindi espulso dal PSI. Nell'immediato dopoguerra, cavalcando lo scontento per la «vittoria mutilata», fondò il Partito Fascista (1921), e si presentò al Paese con un programma politico nazionalista e autoritario, con forti elementi antisocialisti e antisindacali che gli valsero l'appoggio della piccola borghesia e dei ceti industriali e agrari.
Nel contesto di forte instabilità politica e sociale successivo alla Grande Guerra, decise quindi di puntare alla presa del potere. Forzando la mano delle istituzioni, con l'aiuto di atti di squadrismo e d'intimidazione politica che culminarono il 28 ottobre del 1922 con la Marcia su Roma, Mussolini ottenne l'incarico di costituire il Governo (30 ottobre). Dopo il contestato successo alle elezioni politiche del 1924, instaurò nel gennaio del 1925 la dittatura, risolvendo con forza la delicata situazione venutasi a creare dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti.
Dopo il 1935, si avvicinò al nazionalsocialismo tedesco di Hitler, con il quale stabilì un legame che culminò con il Patto d'Acciaio nel 1939. Confidando in una veloce soluzione del conflitto, entrò nella seconda guerra mondiale al fianco della Germania Nazista. In seguito alla disfatta italiana e alla messa in minoranza durante il Gran Consiglio del Fascismo del 24 luglio del 1943, fu arrestato per ordine del Re (25 luglio) e successivamente tradotto a Campo Imperatore. Liberato dai tedeschi, e ormai in balia delle decisioni di Hitler, instaurò nell'Italia settentrionale la Repubblica Sociale Italiana. Il 28 aprile del 1945, durante il tentativo di fuga in Svizzera travestito da militare tedesco, fu scoperto e catturato dai Partigiani, che lo fucilarono insieme alla sua compagna Claretta Petacci.
Figlio del fabbro Alessandro e della maestra elementare Rosa Maltoni, nasce il 29 luglio 1883 in un casolare a Varano dei Costa, frazione del comune Dovia di Predappio, allora situato in provincia di Ferrara, oggi in provincia di Forlì.
Il nome «Benito Amilcare Andrea» fu deciso dal padre,[1] socialista dell'estrema ala anarchica, desideroso di rendere omaggio alla memoria di Benito Juárez, celebre leader rivoluzionario reformista ed ex presidente del Messico, di Amilcare Cipriani, patriota italiano e socialista, e di Andrea Costa, primo deputato socialista eletto nel parlamento italiano.


Il giovane Mussolini frequenta le prime due classi elementari prima a Dovia e poi a Predappio (1889-1891).
Entra quindi nel collegio salesiano di Faenza (1892-1894), ma ne viene espulso per una lite con un compagno. Prosegue gli studi nel collegio Carducci di Forlimpopoli, dove consegue nel settembre 1898 la licenza tecnica inferiore. A partire dall'ottobre di quell'anno, per via di un secondo scontro con un altro alunno, è costretto a frequentare come esterno (solo nel 1901 è riammesso come convittore).
A Forlimpopoli, anche per l'influsso paterno, Mussolini si avvicina al socialismo militante e nel 1900 si iscrive al Partito Socialista Italiano.
Dopo aver ottenuto la licenza, avanza domanda d'insegnamento per concorso o per incarico in diversi comuni: Predappio, Legnano, Tolentino, Ancona Castelnuovo, e Scrivia.
Non essendo riuscito a salire stabilmente in cattedra e non avendo nemmeno ottenuto il posto di sostituto aiutante del segretario comunale di Predappio (la sua domanda fu respinta dal gruppo clerico-moderato con 10 voti su 14),[2] il 13 febbraio 1902 dopo una supplenza di pochi mesi nella scuola elementare di Pieve Saliceto, frazione di Gualtieri Emilia, emigra il 9 luglio 1902 in Svizzera a Losanna, dove s'iscrive al sindacato muratori e manovali, di cui poi diverrà segretario, e pubblica il suo primo articolo su L'Avvenire del lavoratore.


Fino al novembre vive in Svizzera, peregrinando di città in città e svolgendo lavori occasionali. È espulso due volte dal paese: il 18 giugno 1903 è arrestato come agitatore socialista, trattenuto in carcere per 12 giorni, e poi espulso il 30 giugno; il 9 aprile 1904 viene incarcerato per 7 giorni a Bellinzona a causa di un permesso di soggiorno falso. Nel frattempo riceve anche una condanna ad un anno di carcere per renitenza alla leva militare. Viene protetto da alcuni socialisti e anarchici del Canton Ticino, tra cui Giacinto Menotti Serrati e Angelica Balabanoff, con cui avvia una relazione sentimentale[3]In questi anni inizia la sua attività di giornalista. Collabora con periodici locali d'ispirazione socialista (tra cui il Proletario) e studia presso la facoltà di Scienze sociali di Losanna, pare frequentando anche le lezioni di Vilfredo Pareto. Si schiera con l'ala rivoluzionaria del partito socialista, capeggiata da Arturo Labriola e invia corrispondenze al giornale milanese l'Avanguardia socialista. È in questo periodo che mostra le maggiori affinità ideologiche con il sindacalismo rivoluzionario. Dalle discussioni con il pastore evangelico Alfredo Taglialatela trarrà una conclusione negativa sul problema dell'esistenza di Dio, sul quale non cambierà più idea. Le sue opinioni saranno in seguito raccolte nell'opuscolo L'uomo e la divinità, una breve dissertazione sulle motivazioni secondo le quali bisognerebbe negare l'esistenza di Dio.Mussolini, inoltre, studia assiduamente il francese e cerca di imparare il tedesco, avvalendosi in quest'ultimo caso, dell'aiuto della Balabanoff.
Nel novembre 1904, essendo la condanna come renitente alla leva caduta per effetto di un'amnistia concessa in occasione della nascita dell'erede al trono, Umberto, Mussolini torna in Italia. Deve tuttavia presentarsi al Distretto militare di Forlì. Adempie ai suoi doveri di leva, venendo assegnato il 30 dicembre 1904 al Decimo Reggimento bersaglieri di Verona.Può tornare a casa con una licenza per assistere la madre morente (19 gennaio 1905). Poi riprende il servizio militare, che presta ancora per qualche mese, ottenendo una dichiarazione di buona condotta per il contegno disciplinato.Congedato, Mussolini rientra a Dovia di Predappio il 4 settembre 1906. Poco dopo si reca ad insegnare in Friuli, a Tolmezzo, dove ha ottenuto un posto da supplente dal 15 novembre sino al termine dell'anno scolastico.
Nel novembre del 1907 ottiene l'abilitazione all'insegnamento della lingua francese e, nel marzo 1908, ottiene un incarico come professore di francese in una scuola tecnica della Liguria, il Collegio Civico di Oneglia, dove insegnerà anche Italiano, Storia e Geografia. Ad Oneglia ottiene la sua prima direzione di un giornale, anche se si tratta di un foglio di provincia: il settimanale socialista La Lima.Nei suoi articoli il neo direttore attacca tutte le istituzioni sia politiche che religiose, accusando il governo Giolitti e la Chiesa di difendere gli interessi del capitalismo piuttosto di quelli del proletariato. Per evitare problemi si firma con lo pseudonimo di «Vero Eretico». Il giornale suscita grande interesse e Mussolini comprende che il giornalismo d'eversione può essere uno strumento politico.
Tornato a Predappio, si mette a capo dello sciopero dei braccianti agricoli. Il 18 luglio 1908 è arrestato per minacce verso un dirigente delle organizzazioni padronali. Processato per direttissima viene condannato a tre mesi di carcere, ma dopo 15 giorni è rilasciato in libertà provvisoria su cauzione. Nel settembre dello stesso anno è di nuovo incarcerato per dieci giorni, per aver tenuto a Meldola un comizio non autorizzato.
Nel novembre successivo si trasferisce a Forlì dove vive in una stanza affittata, assieme al padre che apre con la compagna Anna Lombardi (vedova Guidi, madre della futura moglie del duce) la trattoria Il bersagliere. In questo periodo, Mussolini pubblica, su Pagine libere (rivista del sindacalismo rivoluzionario edita a Lugano e diretta da Angelo Oliviero Olivetti), l'articolo La filosofia della forza, in cui fa riferimento al pensiero di Nietzsche.
Il 6 febbraio 1909 si trasferisce a Trento, capitale dell'irredentismo italiano, dove è segretario della Camera del Lavoro, e dirige il suo primo quotidiano: L'avvenire del lavoratore. Il 7 marzo di quell'anno si rende protagonista di un breve scontro giornalistico con Alcide De Gasperi, direttore del periodico cattolico Il Trentino. Mussolini collabora anche con il quotidiano Il Popolo, diretto da Cesare Battisti, sulle cui pagine scrive, il 12 giugno, a proposito della "santa di Susà". Così era chiamata una contadina, tale Rosa Broll, che era stata adescata da un sacerdote del luogo. Il prete aveva sparso in pubblico la voce che la contadina avesse qualche potere miracoloso, ma la frequentava in segreto con ben altri scopi. La vicenda era stata taciuta per pudore dalla stampa locale. L'anticlericale Mussolini ci vide un'occasione per gettare discredito sulle istituzioni religiose e svelò la tresca. L'articolo ebbe un così grande successo che la direzione del Partito Socialista trentino decise di farne una pubblicazione a sé stante al prezzo di 6 centesimi.Il 10 settembre dello stesso anno è incarcerato a Rovereto per diffusione di giornali già sequestrati e istigazione alla violenza verso l'impero asburgico; il 29 è espulso dal paese e ritorna a Forlì.


A partire dal gennaio 1910, è segretario della Federazione Socialista Livornese e dirige il suo periodico ufficiale L'idea socialista, settimanale di quattro pagine (ribattezzato da Mussolini stesso Lotta di classe). Il 17 gennaio Mussolini inizia a convivere con Rachele Guidi, sua futura moglie. Inizia inoltre a collaborare con la rivista socialista Soffitta.
Continua anche il rapporto con Il popolo di Trento. Cesare Battisti gli chiede di scrivere un romanzo a puntate. Il compenso è di 15 lire a puntata. Mussolini sceglie uno dei suoi argomenti preferiti, la critica sociale anticlericale. Ispirandosi a una storia realmente avvenuta a Trento nel Seicento, scrive Claudia Particella, l'amante del cardinale Madruzzo. La prima puntata esce il 20 gennaio 1910. Il romanzo ottiene un tale successo da indurre Battisti a chiedere all'autore di prolungare la storia, portando il compenso a 25 lire a puntata.
L'11 aprile 1911 la sezione socialista di Forlì guidata da Mussolini vota l'autonomia dal PSI. Nel maggio dello stesso anno la prestigiosa rivista letteraria La Voce, diretta da Giuseppe Prezzolini, pubblica il suo saggio Il Trentino veduto da un socialista, costituito dagli appunti stesi da Mussolini durante la sua permanenza nel 1909.
Il 25 settembre Mussolini partecipa, assieme all'amico repubblicano Pietro Nenni, ad una manifestazione contro la guerra dell'Italia con l'impero ottomano per il possesso di Cirenaica e Tripolitania, che si conclude con scontri violenti con la polizia. Mussolini aveva definito l'impresa coloniale africana del governo guidato da Giovanni Giolitti un "atto di brigantaggio internazionale".Arrestato il 14 ottobre, viene processato e condannato a un anno di reclusione (23 novembre). Il 19 febbraio 1912 la Corte d'Appello di Bologna riduce la pena a cinque mesi e mezzo e il successivo 12 marzo Mussolini viene rilasciato.
L'8 luglio 1912, al congresso del PSI di Reggio Emilia, avanza una mozione di espulsione nei confronti dei riformisti Leonida Bissolati, Ivanoe Bonomi, Angiolo Cabrini e Guido Podrecca,[7] che viene accolta. Quindi entra nella direzione nazionale del partito. Collabora poi con Folla, giornale di Paolo Valera, firmandosi con lo pseudonimo "L'homme qui cherche". Grazie agli eventi del 1912 e alle sue qualità di brillante oratore, nel novembre 1912 diviene esponente di spicco dell'ala massimalista del socialismo italiano e giunge alla direzione più ambita per lui, quella del quotidiano organo ufficiale del partito: l'Avanti, succedendo a Carlo Treves. Tra il 1912 e il 1914, anni in cui sarà alla guida del quotidiano socialista, coadiuvato da Angelica Balabanoff, scelta per il ruolo di redattore capo, Mussolini aumenta la tiratura passando dalle 37 mila alle oltre 70 mila copie vendute. Nello stesso periodo (novembre 1913) fonda un proprio giornale, Utopia, che dirigerà fino allo scoppio della guerra e sul quale potrà esprimere tutte le proprie opinioni, anche quelle in contrasto con la linea ufficiale del partito.
Al congresso socialista del PSI di Ancona del 1914, presenta con Giovanni Ziboldi una mozione (accolta) con la quale si riconosce esser incompatibile l'appartenenza alla massoneria per un socialista. Il 9 giugno è eletto consigliere comunale a Milano ed è protagonista della Settimana Rossa.
Allo scoppio della grande guerra si allinea alla posizione dell'Internazionale socialista, dichiarandosi apertamente contrario all'intervento dell'Italia in guerra. Mussolini è del parere che il conflitto non potrà giovare agli interessi dei proletari italiani bensì solo a quelli dei capitalisti. Ma poi cambia posizione e pubblica il 18 ottobre sull'Avanti! l'editoriale Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante, in cui rivolge un appello ai socialisti sul pericolo che una neutralità avrebbe comportato per il partito, cioè la condanna all'isolamento politico. Secondo Mussolini, le organizzazioni socialiste avrebbero dovuto appoggiare la guerra fra le nazioni, con la conseguente distribuzioni delle armi al popolo, per poi trasformarla in una rivoluzione armata contro il potere borghese.[8]Questa sua nuova posizione non è accettata dal partito, che ne ottiene nel giro di due giorni l'allontamento dal giornale (20 ottobre). Mussolini, per onore personale, rinuncia alla liquidazione. Il 29 novembre l'ex direttore è addirittura espulso dal PSI.
Ma Mussolini non si dà per vinto: grazie ai finanziamenti di alcuni industriali antisocialisti, fonda un suo quotidiano: Il Popolo d'Italia, il cui primo numero esce il 15 novembre 1914[9]. Dalle colonne del suo giornale Mussolini non perde occasione di attaccare i suoi compagni di ieri.In dicembre prende parte a Milano alla fondazione dei "Fasci di azione rivoluzionaria", partecipando poi al loro primo congresso il 24 e il 25 gennaio 1915.
Nell'agosto 1915 è assegnato come soldato semplice all'11° bersaglieri e il 2 settembre parte per il fronte. Tiene un diario di guerra nel quale racconta della vita in trincea[10] e prefigura se stesso come eroe carismatico di una comunità nazionale, guerresca, socialmente gerarchica e obbediente.Il 1° marzo 1916 viene promosso caporale per meriti di guerra. Nel suo fascicolo militare si legge, tra l'altro, «Attività esemplare, qualità battagliere, serenità di mente, incuranza ai disagi, zelo, regolarità nell'adempimento dei suoi doveri, primo in ogni impresa di lavoro e ardimento». Il 23 febbraio 1917 viene ferito durante lo scoppio di un lanciabombe durante un'esercitazione sul Carso. Dopo la convalescenza in ospedale viene congedato [11]. Tornato alla direzione de Il Popolo d'Italia, ne modifica il sottotitolo da "Quotidiano socialista" in "Quotidiano dei combattenti e dei produttori", indicando chiaramente la strada da intraprendere. In dicembre pubblica sul suo giornale l'articolo Trincerocrazia, in cui rivendica per i reduci dalle trincee il diritto di governare l'Italia post-bellica.


La fondazione dei Fasci di combattimento avviene a Milano il 23 marzo 1919. Il 12 settembre, Mussolini promuove davanti alla sede de Il Popolo d'Italia una sottoscrizione a favore dell'impresa fiumana di Gabriele D'Annunzio, dopo aver incontrato quest'ultimo per la prima volta a Roma in giugno. Il 7 ottobre è a Fiume, dove ha colloqui con D'Annunzio. I rapporti con il Vate sono comunque estremamente fugaci, e condizionati da reciproca diffidenza e forse rivalità.
Il 9 ottobre si tiene a Firenze il primo Congresso dei Fasci di combattimento. Alle elezioni politiche del 16 novembre 1919 i Fascisti, nonostante le candidature "eccellenti" dello stesso Mussolini e di Filippo Tommaso Marinetti a Milano, non ottengono neanche un seggio, e nella provincia meneghina prendono soltanto 4795 voti. Inoltre, il 18 novembre Mussolini è arrestato per poche ore per detenzione di armi ed esplosivi, e viene rilasciato grazie all'intervento del senatore liberale Luigi Albertini. Il 24 e il 25 maggio 1920 Mussolini partecipa al secondo Congresso dei Fasci di combattimento, che si tiene al teatro lirico di Milano.
In giugno si schiera a favore di Giolitti, con il quale, in ottobre, s'incontra per la risoluzione della questione di Fiume. Il 12 novembre, con l'articolo Rapallo, commenta abbastanza favorevolmente il trattato italo-iugoslavo firmato da Giolitti, con cui Fiume diviene una città libera. Il 28 marzo 1921, sfila con gli squadristi in camicia nera in occasione dei solenni funerali delle vittime del terrorismo anarchico del teatro Diana. A testimonianza dell'avvicinamento tra Mussolini e Giolitti, il futuro duce si presenta come alleato dello statista di Mondovì alle elezioni del 15 maggio 1921, nelle liste dei "blocchi nazionali" antisocialisti: ottiene 35 seggi ed è eletto deputato.


A partire da questo successo, le camicie nere si rendono protagoniste di numerosi episodi di violenza e aggressione fisica e verbale contro gli avversari politici del fascismo, soprattutto contro socialisti e comunisti; il fenomeno prende il nome di squadrismo.
Il 2 luglio Mussolini invita i socialisti, con un articolo su Il popolo d'Italia, a un patto di pacificazione per la cessazione delle violenze squadriste, firmato il 2 agosto grazie alla mediazione del presidente della Camera Enrico De Nicola; tuttavia, le violenze non cessano, perché l'esecuzione dell'accordo viene lasciata alla discrezione dei singoli ras locali.
A proposito della notevole autonomia di cui godevano i singoli gruppi squadristi, Renzo De Felice riporta che il futuro duce entrò in contrasto con alcuni esponenti che mettevano in dubbio la sua posizione di guida del movimento (su tutti, Dino Grandi) e che non accettavano la volontà mussoliniana di presentare quest'ultimo come "normalizzatore" dell'ordine sociale. Emblematico da questo punto di vista, sempre secondo De Felice, quanto scrisse Mussolini: «Il fascismo può fare a meno di me? Certo! Ma anch'io posso fare a meno del fascismo.»
Tuttavia, le divergenze vengono superate, e il 7 novembre si tiene a Roma il terzo congresso dei Fasci di Combattimento, che vengono trasformati nel Partito Nazionale Fascista, con Michele Bianchi primo segretario. Il 1° gennaio 1922 Mussolini fonda il mensile Gerarchia, cui collabora la sua amante Margherita Sarfatti.
Il 2 agosto 1922 le sinistre indicono uno sciopero contro le violenze delle camicie nere, che intervengono determinandone il fallimento. Nel frattempo, tra il 31 agosto ed il 5 settembre, le squadre fasciste occupano i municipi di Ancona, Milano, Genova, Livorno, Parma, Bolzano e Trento, acquisendone il controllo, dopo violenti scontri armati.
Si tratta dell'inizio della "rivoluzione fascista", con cui Mussolini tenta un ambizioso colpo di mano per impadronirsi del potere, sfruttando il consenso acquisito presso gli ambienti sociali più importanti del regno. Il 24 ottobre passa in rassegna a Napoli le 40.000 camicie nere lì radunate, affermando il diritto del Fascismo a governare l'Italia.


Tra il 27 e il 31 ottobre 1922, la "rivoluzione fascista" ha il suo culmine con la "marcia su Roma", opera di gruppi di camicie nere provenienti da diverse zone d'Italia e guidate dai "quadrumviri" (Italo Balbo, Cesare Maria De Vecchi, Emilio De Bono e Michele Bianchi). Il loro numero non è mai stato stabilito con certezza; tuttavia, a seconda della fonte di riferimento, la cifra considerata oscilla tra le 30.000 e le 100.000 persone.
Mussolini non prende parte direttamente alla marcia. La decisione è stata attribuita al timore di un intervento repressivo dell'esercito, che ne avrebbe determinato l'insuccesso. Rimane a Milano (dove una telefonata del prefetto lo avrebbe informato dell'esito positivo) in attesa di sviluppi e si reca a Roma solo in seguito, quando viene a sapere del buon esito dell'azione. A Milano, la sera del 26 ottobre, Mussolini ostenta tranquillità nei confronti dell'opinione pubblica assistendo al Cigno di Molnár al Teatro Manzoni. In quei giorni, stava in realtà trattando direttamente col governo di Roma sulle concessioni che questo era disposto a fare al Fascismo ed il futuro duce nutriva incertezza sul risultato che la manovra avrebbe avuto.
Il Re, per l'opposizione di Mussolini a qualsiasi compromesso (il 28 ottobre rifiuta il Ministero degli Esteri) e per il sostegno di cui il fascismo gode presso gli alti ufficiali e gli industriali, che vedevano in Mussolini l'uomo forte che poteva riportare ordine nel paese "normalizzando" la situazione sociale italiana, non proclama lo Stato d'assedio proposto dal presidente del Consiglio Luigi Facta e dà invece l'incarico a Mussolini di formare un nuovo governo di coalizione (29 ottobre).


Il 16 novembre Mussolini si presenta alla Camera (ottiene la fiducia con 316 voti a favore, 116 contrari e 7 astenuti) e tiene il suo primo discorso come presidente del consiglio (il "discorso del bivacco"), nel quale dichiara: «Mi sono rifiutato di stravincere e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non si abbandona dopo la vittoria. Con trecentomila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto.»
Il 24 novembre ottiene i pieni poteri in ambito economico e amministrativo sino al 31 dicembre 1923, al fine di "ristabilire l'ordine". Il 15 dicembre 1922 si riunisce, per la prima volta, il Gran Consiglio del Fascismo. Il 14 gennaio 1923 le camicie nere vengono istituzionalizzate attraverso la creazione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Il 9 giugno presenta alla Camera la nuova legge Acerbo in materia elettorale, approvata il 21 luglio. Sempre in luglio, grazie all'appoggio britannico, nella conferenza di Losanna è riconosciuto il dominio italiano sul Dodecanneso, occupato dal 1912.
Il 28 agosto si verifica l'eccidio di Giannina: la spedizione militare Tellini, col compito di definire la linea di confine tra Grecia e Albania viene massacrata. Mussolini invia un ultimatum alla Grecia per chiedere riparazioni e, in seguito al rifiuto del governo greco, ordina alla marina italiana di occupare Corfù. Con questa azione, il nuovo presidente del consiglio dimostra di voler perseguire una politica estera forte ed ottiene, grazie alla Società delle Nazioni, le riparazioni richieste (dietro l'abbandono dell'isola occupata).
Il 19 dicembre presiede alla firma dell'accordo tra Confindustria e la Confederazione delle Corporazioni fasciste. Il regio decreto 30 dicembre 1923 n.284 stabilisce la creazione degli Enti Comunali di Assistenza (ECA) con compito di «coordinamento di tutte le attività, pubbliche o private, volte al soccorso degli indigenti, provvedendo, se necessario, alle loro cure, o promuovendo ove possibile l'educazione, l'istruzione e l'avviamento alle professioni, arti e mestieri». Essi verranno unificati in due enti territoriali deputati all'assistenza sanitaria e materiale dei poveri e dell'infanzia abbandonata col regio decreto del 3 marzo 1933 n.383.
Il 27 gennaio 1924 si ha la firma del trattato di Roma tra Italia e Iugoslavia, col quale quest'ultima riconosce l'italianità di Fiume, annessa il 16 febbraio. In seguito a questo, il re conferisce a Mussolini l'onorificenza del Collare dell'Annunziata. A partire dal 7 febbraio il governo italiano stabilisce rapporti diplomatici con l'Urss.[12] Un accordo con il Regno Unito permette all'Italia di acquisire l'Oltre Giuba, regione che viene annessa alla Somalia italiana. Il 24 marzo si ha il primo tentativo di radiotrasmissione di un discorso politico.
Alle elezioni del 6 aprile 1924, la "Lista Nazionale" (nota con il nome di "Listone") ottiene il 60,1% dei voti e 356 deputati (poi ridotti a 355 per la morte di Giuseppe De Nava, non sostituito); ad essi si aggiungono il 4,8% di voti e i 19 seggi conseguiti dalla "lista bis". Nel complesso le due liste governative raccolgono il 64,9% dei voti validi, eleggendo 375 parlamentari, di cui 275 iscritti al Partito Nazionale Fascista. Oltre al PNF erano entrati nel "Listone" la maggioranza degli esponenti liberali e democratici (tra cui Vittorio Emanuele Orlando, Antonio Salandra, ed Enrico De Nicola, che però ritirò la sua candidatura prima delle elezioni), ex popolari espulsi dal partito, demosociali e sardisti filofascisti, e numerose personalità della destra italiana.
Le consultazioni si svolgono in un clima di violenza ed intimidazioni, e gli abusi perpetrati dai fascisti sono denunciati il 30 maggio dal deputato socialista Giacomo Matteotti, che con un duro discorso alla Camera chiede di annullare il risultato delle elezioni.
L'11 giugno 1924 Matteotti viene rapito e assassinato per mano di squadristi fascisti. L'evento provoca la «secessione dell'Aventino»,[13] ovvero l'abbandono del parlamento da parte dei deputati d'opposizione, i quali si riuniscono sull'Aventino per protesta nei confronti dell'omicidio. Tuttavia l'iniziativa non intacca il potere di Mussolini, poiché ad essa non fa seguito nessuna concreta azione politica. Forte dell'indecisione delle opposizioni, il 3 gennaio 1925 il duce tiene in parlamento un discorso col quale diventa palese l'equilibrio effettivo di forze ormai presente nel paese: allo scopo di dimostrare la propria forza proclama di volersi assumere «ogni responsabilità storica, politica e morale» derivante dall'assassinio stesso. Il discorso del 3 gennaio è oggi considerato il momento d'inizio del regime dittatoriale fascista.
Già il giorno della «marcia su Roma» il 31 ottobre 1922 Mussolini rischia la vita: a Milano uno squadrista inciampa e fa partire un colpo di fucile che sfiora Mussolini a un orecchio. Dopo essere divenuto capo del governo, Mussolini è poi oggetto di una serie di attentati.
Il primo è ideato il 4 novembre 1925 dal deputato socialista e aderente alla massoneria Tito Zaniboni, appostatosi con un fucile alla finestra di una stanza dell'albergo Dragoni, di fronte al balcone di palazzo Chigi dove è previsto che Mussolini si affacci per l'anniversario della vittoria. Alcuni uomini dell'OVRA fanno però irruzione nella stanza e arrestano Zaniboni.
La mattina del 7 aprile 1926 Mussolini esce dal palazzo del Campidoglio, dove ha inaugurato un congresso di chirurgia; Violet Gibson, una donna irlandese di cinquant'anni, gli spara un colpo di pistola. Mussolini resta ferito non gravemente al naso. Medicato con un vistoso cerotto Mussolini, già in grado il giorno dopo di recarsi in Libia, commenta: «Le pallottole passano e Mussolini resta».
Il terzo attentato è opera di Gino Lucetti, un giovane marmista anarchico di Carrara che ha combattuto negli Arditi e che poi, aggredito dai fascisti, è emigrato a Marsiglia. L'11 settembre 1926 attende che Mussolini esca dalla sua abitazione e gli lancia una bomba a mano che colpisce il tetto dell'auto del duce e scoppia a terra ferendo otto persone. Nell'interrogatorio dice di aver voluto vendicare i massacri effettuati dagli squadristi a Torino nel dicembre del 1922.
Il quarto attentato è il più misterioso. La sera del 31 ottobre 1926 a Bologna, il duce ha inaugurato il nuovo stadio sportivo il Littoriale nell'ambito della commemorazione della "marcia su Roma"; su una macchina scoperta sta andando alla stazione quando un colpo di pistola gli lacera la sciarpa dell'ordine mauriziano. Dietro alla macchina di Mussolini, che prosegue, un gruppo di squadristi di Leandro Arpinati (tra cui anche Balbo) si butta sul presunto attentatore e lo lincia: il cadavere mostrerà 14 pugnalate, un colpo di rivoltella e tracce di strangolamento. Si tratta di Anteo Zamboni, un ragazzo quindicenne di famiglia anarchica. Secondo alcune recenti ricostruzioni, l'attentato sarebbe stato il risultato di una cospirazione maturata all'interno degli ambienti fascisti emiliani, (si sospettano a turno Farinacci, Balbo, Arpinati e Federzoni), contrari alla «normalizzazione» inaugurata da Mussolini, ostile ad ulteriori eccessi rivoluzionari ed allo strapotere delle formazioni squadriste.
L'attentato di Bologna fornisce il pretesto per le leggi fascistissime del novembre 1931. 5 novembre: annullamento dei passaporti; sanzioni contro gli espatri clandestini; soppressione dei giornali antifascisti; scioglimento dei partiti; istituzione del confino; creazione di una polizia politica segreta (che affidata a Arturo Bocchini assumerà poi il nome di OVRA); 9 novembre: dichiarazione di decadenza dal mandato parlamentare di 120 deputati; 25 novembre: istituzione della pena di morte per chiunque commetta un fatto diretto contro la vita, l'integrità o la libertà personale del re, della regina, del principe ereditario e del capo del governo, nonché per gli altri delitti contro lo Stato; istituzione del Tribunale speciale, che entra subito in azione contro la "centrale comunista" (Gramsci, Terracini e altri).
Con la legge 17 aprile 1925 n.473 vengono sancite le nuove norme igieniche per le imprese, con l'obbligo di provvedere al servizio sanitario nell'azienda, di non gravare donne e minorenni con carichi eccessivi e di segnalare come tali e custodire le sostanze nocive. I contratti nazionali di lavoro assumevano forza di legge e i «padroni» («datori di lavoro») potevano stipulare contratti individuali difformi dai collettivi di categoria solo se erano previste condizioni migliori per i lavoratori. Sull'osservanza dell'atto vigilava il neo-costituito Ispettorato Corporativo. Col regio decreto 1 maggio 1925 n.582 nasce l'Opera Nazionale Dopolavoro ("OND") allo scopo di "promuovere il sano e proficuo impiego delle ore libere dei lavoratori intellettuali e manuali con istituzioni dirette a sviluppare le loro capacità fisiche, intellettuali e morali".
L'11 giugno 1925 il Presidente del Consiglio annuncia l'inizio della battaglia del grano. La campagna aveva lo scopo di far raggiungere l'autosufficienza dell'Italia dall'estero per quanto riguardava la produzione del frumento (la cui importazione era causa diretta del 50% del deficit della bilancia dei pagamenti) e, più in generale, di tutti i prodotti agricoli. Il programma (terminato nel 1931) ebbe un discreto successo, nonostante non fosse stato raggiunto l'obiettivo della completa autosufficienza nel settore alimentare. Il progetto poté essere realizzato soprattutto grazie alla bonifica, tra il 1928 ed il 1932, dei territori paludosi ancora presenti nella penisola italiana (tra cui l'Agro Pontino). I nuovi comuni nacquero spesso in connessione con una particolare destinazione economica prestabilita (Carbonia, ad esempio, fu fondata per lo sfruttamento dei limitrofi giacimenti di carbone). Le bonifiche permisero anche l'attuazione di un'efficace programma sanitario che consentì di debellare la malaria, con risultati significativi anche contro la tubercolosi, il vaiolo, la pellagra e la rabbia.
Il 21 giugno 1925 si tiene il quarto ed ultimo congresso del PNF. Mussolini invita le camicie nere ad abbandonare definitivamente la violenza. Gli elementi squadristi saranno resi impotenti entro la fine dell'anno grazie alla riforma del sistema di polizia (permettendo, in tal modo, il rafforzamento del potere dell'esecutivo).
Il 18 luglio Italia e Iugoslavia firmano il trattato di Nettuno per la definizione dei rispettivi confini in area dalmata.
Il 20 ottobre Mussolini nomina Cesare Mori prefetto di Palermo, con poteri straordinari e con competenza estesa a tutta la Sicilia, al fine di porre un freno al fenomeno mafioso nell'isola. Il «prefetto di ferro» otterrà significativi risultati e la sua azione continuerà per tutto il biennio 1926-27. Ben presto però le sue indagini incominciano a svelare i rapporti esistenti tra mafiosi e uomini dello Stato, cosicché Mori il 16 giugno 1929 è nominato senatore del regno e richiamato a Roma da Mussolini, mentre la propaganda dichiara orgogliosa che la mafia è stata sconfitta.
Tra il 1925 e il 1926 sono varate le leggi fascistissime, ispirate dal giurista Alfredo Rocco.
La legge 26 novembre 1925, n. 2029, sancisce che i corpi collettivi operanti in Italia (associazioni, istituti ed enti) sono tenuti, su richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza, a dichiarare statuti, atti costitutivi, regolamenti interni ed elenchi di soci e di dirigenti, pena, in caso di dichiarazione omessa o infedele, lo scioglimento del corpo medesimo, sanzioni detentive indeterminate e sanzioni pecuniarie da un minimo di 2.000 ad un massimo di 30.000 lire. In tal modo, il governo arriva a disporre di una chiara mappa del tipo e del numero di associazioni non governative presenti.
La legge 24 dicembre 1925, n. 2300, stabilisce che tutti i funzionari pubblici che rifiutano di giurare fedeltà allo stato italiano debbano essere destituiti.
La legge 24 dicembre 1925, n. 2263, prevede che la dizione «presidente del consiglio» sia mutata in «capo del governo, primo ministro e segretario di stato»; il «capo del governo» è nominato e revocato solo dal re ed è responsabile solo nei suoi confronti. I ministri diventano responsabili sia verso il monarca che Mussolini.
La legge sulla stampa del 31 dicembre 1925 riconosce come illegali tutti i giornali privi di un un responsabile riconosciuto dal prefetto (e, quindi, indirettamente da Mussolini).
La legge 31 gennaio 1926, n. 100, attribuisce a Mussolini, in quanto capo del governo, la facoltà di emanare norme giuridiche.
Con la legge 4 febbraio 1926, n. 237, sono eliminati dall'ordinamento municipale il consiglio comunale e il sindaco, quest'ultimo sostituito dalla figura del podestà, che esercita le funzioni del sindaco, della giunta e del consiglio comunale ed è nominato con decreto reale dal potere esecutivo.
Il 3 aprile 1926 viene abolito il diritto di sciopero e si stabilisce che i contratti collettivi possano essere stipulati solo dai sindacati legalmente riconosciuti dallo stato; in tale contesto, l'8 luglio 1926 viene costituito il Ministero delle Corporazioni, di cui Mussolini assume la direzione.
Nel frattempo, Mussolini impone all'Albania di Ahmet Zogu una forma non ufficiale di protettorato. Inoltre, l'Italia aderisce al Patto di Locarno per la garanzia delle frontiere e la sicurezza generale. Nell'aprile 1926, con un discorso a Tripoli, Mussolini avanza l'idea del mare nostrum (ovvero di una talassocrazia italiana sul Mediterraneo) e contrappone, per la prima volta, fascismo e democrazia. Sempre nel 1926, i confini della Libia vengono ridefiniti a favore dell'Italia, che acquista, tra l'altro, il Fezzan.
Sempre il 3 aprile viene fondata L'Opera Nazionale Balilla ("ONB"), col compito di «riorganizzare la gioventù dal punto di vista morale e fisico», ovvero all'educazione spirituale e culturale ed all'istruzione premilitare, ginnico-sportiva, professionale e tecnica dei giovani italiani tra gli 8 e i 18 anni. Nel 1927 tutte le altre organizzazioni giovanili sono sciolte per legge, ad eccezione della Gioventù Italiana Cattolica. Nel 1937 la ONB sarà sostituita dalla Gioventù Italiana del Littorio ("GIL").
Il 18 agosto il duce tiene a Pesaro un discorso in cui proclama che, per combattere la svalutazione, il cambio lira-sterlina sarà fissato alla fatidica «quota 90», tale obiettivo sarà raggiunto anche se con difficoltà.
L'8 ottobre il Gran Consiglio vara il nuovo statuto del PNF, col quale sono abolite le elezioni interne dei membri del partito. Inoltre, il 12 ottobre Mussolini assume il comando della MVSN.
Il 5 novembre sono sciolti tutti i partiti al di fuori del PNF e si stabilisce che la stampa è sottoponibile a censura. Sono introdotti il confino di polizia[14] e la pena di morte[15] per attentati perpetrati od organizzati a danno delle massime figure dello stato[16] e viene istituito il Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.
Il 30 dicembre il fascio littorio è dichiarato simbolo dello stato.
Il 15 gennaio 1927 Winston Churchill, allora Cancelliere dello Scacchiere, è accolto a Roma da Mussolini. Nel frattempo Mussolini lancia la campagna a sostegno della crescita demografica: gli scapoli sono tenuti a pagare una tassa speciale, in occasione dei matrimoni lo stato elargisce un premio in danaro agli sposi, e si prevedono prestiti, agevolazioni economiche (anche nel campo dell'educazione scolastica dei figli) ed esenzioni dalle tasse per le famiglie numerose (premi di natalità).
Sono istituiti i Gruppi Universitari Fascisti ("GUF"), per la formazione della futura classe dirigente. Sempre nel 1927 viene fondato il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ("CONI") col fine di migliorare la competitività agonistica italiana in ambito internazionale: la gestione delle attività sportive era stata precedentemente affidata all'iniziativa privata.
Il 21 aprile il Gran Consiglio approva la Carta del Lavoro per la riforma dell'economia italiana in senso corporativo. Il 5 giugno, parlando al Senato, Mussolini afferma la linea del revisionismo in politica estera, dichiarando che i trattati stipulati dopo la prima guerra mondiale sono validi, ma non sono da considerare eterni ed immutabili.
Con la legge 9 dicembre 1928, n. 2693, si ha l'istituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo, ovvero del massimo organo del PNF (presieduto dal duce in persona), che è riconosciuto come organo costituzionale supremo dello stato. Il 15 gennaio 1928 viene fondato l'Ente Italiano Audizioni Radiofoniche ("EIAR") ente statale cui competeva in esclusiva la gestione del servizio pubblico radiofonico sul territorio nazionale. Nel 1944 verrà ribattezzato RAI ("Radio Audizioni Italiane").
Il 14 marzo Mussolini presenta alla Camera un disegno di legge di riforma (poi approvato), col quale propone la riduzione a 400 del numero complessivo dei deputati, i quali sarebbero stati eletti in un unico collegio nazionale; la confederazione nazionale dei sindacati fascisti e le associazioni culturali abilitate si occupano della presentazione delle candidature.
L'11 febbraio 1929 Mussolini pone termine alla decennale questione romana, firmando col cardinale Pietro Gasparri i patti lateranensi, ratificati alla Camera in maggio.
Le elezioni del 24 marzo 1929, per il rinnovo della Camera dei Deputati, si risolvono in un plebiscito a favore di Mussolini. Gli elettori sono chiamati a votare "sì" o "no" per approvare un "listone" di deputati deciso dal Gran Consiglio del Fascismo. La consultazione si tiene in un clima intimidatorio; la scheda con il "sì" è tricolore, e quella con il "no" semplicemente bianca, rendendo così riconoscibile il voto espresso. La partecipazione al voto è del 90% e i voti favorevoli al "listone" sono pari al 98,4%.
Il 2 aprile il duce incontra il ministro degli esteri inglese Neville Chamberlain e, verso la fine dell'anno, la sede del Governo è trasferita da palazzo Chigi a palazzo Venezia. Nel 1930 l'Italia sigla un trattato di amicizia con l'Austria. Nel gennaio 1931 Mussolini, in un'intervista al Daily Mail, afferma la necessità di una revisione dei trattati di pace della grande guerra. Il 9 luglio riceve il segretario di stato americano Henry Lewis Stimson, mentre in ottobre accoglie il Mahatma Gandhi a Palazzo Venezia. Tra il 23 marzo e il 4 aprile 1932, il duce incontra più volte Emil Ludwig, che ne scriverà in Colloqui con Mussolini.
In questo periodo iniziano ad allentarsi i suoi rapporti amorosi con Margherita Sarfatti, cui tuttavia continua ad essere legato. D'altra parte, agli inizi del 1932, aveva incontrato per la prima volta Claretta Petacci.
Il 12 aprile viene presentata, al salone internazionale dell'automobile di Milano, la nuova FIAT Balilla, che nelle intenzioni di Mussolini avrebbe dovuto essere l'automobile di tutti gli Italiani; a partire da quest'anno ne sarà infatti favorita la diffusione, che tuttavia non raggiungerà mai i risultati sperati (una simile iniziativa sarà poi adottata anche da Adolf Hitler con la Volkswagen).
In giugno, sull'Enciclopedia Treccani viene pubblicata la voce Fascismo, firmata da Mussolini e scritta con la collaborazione di Giovanni Gentile; vi si spiega la dottrina propria del partito fascista. In occasione del decennale della rivoluzione fascista, è inaugurata 28 ottobre la via dell'Impero (attuale via dei Fori Imperiali) e sono riaperte le iscrizioni al PNF, chiuse dal 1928. Il 18 dicembre Mussolini inaugura Littoria (futura Latina), la prima delle "città nuove" costruite nell'Agro Pontino, bonificato negli anni precedenti.
Il 29 marzo 1933 Mussolini incontra a Roma il Ministro della Propaganda tedesco Joseph Goebbels. Per iniziativa di Mussolini il 7 giugno viene firmato a Roma il patto a quattro tra Italia, Francia, Regno Unito e Germania, col quale questi stati si assumono la responsabilità del mantenimento della pace e della riorganizzazione dell'Europa nel rispetto dei principi e delle procedure previste dallo statuto della SdN.
Sempre nel 1933 viene creato l'Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale (INFPS), che assumerà dal 1943 la denominazione di INPS, un ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica e a gestione autonoma con lo scopo di garantire la previdenza sociale ai lavoratori. In quegli anni ebbe origine del primo vero sistema pensionistico italiano: a carico dell'INFPS fu l'assicurazione (obbligatoria) contro la vecchiaia, estesa dai soli dipendenti pubblici (per i quali aveva il nome di pensione) a quelli privati. Nel medesimo anno la pluralità di Casse infortuni cui era deputata la tutela dei lavoratori contro gli infortuni sul lavoro (obbligatoria a partire dal 1919, seppur limitatamente ad alcuni settori) vengono unificate nell'Istituto Nazionale Fascista per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro ("INFAIL"), ribattezzato INAIL nel 1943. Scopo dell'ente statale era quello di «esercitare l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (parte delle quali vennero equiparate giuridicamente agli infortuni sul lavoro), la riassicurazione di altri Enti autorizzati e assumere particolari funzioni e servizi per conto di essi».
Il 5 febbraio 1934 vengono istituite le 22 corporazioni. Nel 1934 si tengono inoltre i primi littoriali della cultura e dell'arte.
Il 14 marzo Mussolini incontra a Roma il cancelliere austriaco Dollfuss e il Capo del Governo ungherese Gyula Gombos per discutere una revisione degli assetti territoriali nei Balcani. Il 17 marzo viene concluso un "patto a tre" con Ungheria ed Austria in funzione anti-tedesca ed anti-francese (Protocolli di Roma).
Le elezioni del 25 marzo 1934, per il rinnovo della Camera dei Deputati - tenute con lo stesso schema del "listone" unico già adottato nel '24, con scheda tricolore per il "sì" e bianca per il "no" - si risolvono in un nuovo plebiscito: aumenta il numero dei partecipanti, e i voti contrari risultano 15.201 (lo 0,15%).
La legge 22 marzo 1934 n.654 per la tutela della maternità delle lavoratrici e la legge 26 aprile 1934 n.653 per la tutela del lavoro della donna e del fanciullo stabiliscono il diritto alla conservazione del posto di lavoro per le lavoratrici incinte, un periodo di licenza prima e dopo il parto, e permessi obbligatori per l'allattamento (per le aziende con più di 50 operaie vi era l'obbligo di predisporre un locale per tale scopo).
La legge 24 dicembre 1934 n.2316 stabiliva la creazione dell'ONMI ("Opera Nazionale per la Protezione della Maternità e dell'Infanzia"); l'ente poteva anche finanziare istituzioni private operanti nei medesimi campi. Nel 1935 si ha l'istituzione del sabato fascista.
Il 14 e 15 giugno Mussolini ed Hitler si incontrano a Stra ed a Venezia, i colloqui vertono principalmente sulla questione austriaca (il cancelliere tedesco puntava all'annessione dell'Austria). Tuttavia, i rapporti tra i due restano tesi: il 25 luglio, in seguito al fallito colpo di stato in Austria col quale la Germania nazionalsocialista intendeva procedere all'annessione del paese - e che comportò la morte di Dollfuss - Mussolini invia due divisioni al Brennero (ritirate il 16 agosto) per difendere l'indipendenza austriaca.[17] La situazione si risolve dopo che Hitler desiste dal suo proposito. Il 21 agosto Mussolini incontra Kurt Alois von Schuschnigg, successore di Dollfuss. Il 6 settembre, a Bari, prende posizione nei confronti della politica estera nazionalsocialista e dalle dottrina razzista hitleriana, proclamando che «trenta secoli di storia ci permettono di guardare con sovrana pietà a talune dottrine d'Oltralpe».
« L'Italia ha finalmente il suo impero! »
(dalla costituzione della colonia dell'Africa Orientale Italiana)
Il trattato tra Italia ed Etiopia del 1928, sottoscritto con il placet della Gran Bretagna, fissa la frontiera tra la Somalia italiana e l'Etiopia lungo una linea distante 21 leghe dalla costa del Benadir e parallela alla stessa. Pretendendo di agire sulla base di detto accordo, gli italiani costruiscono nel 1930 un forte nell'oasi di Ual-Ual, nel deserto di Ogaden, e lo fanno presidiare da truppe somale, comandate da ufficiali italiani. L'oasi si trova in realtà oltre il confine tracciato dal trattato, sebbene di pochi metri, ma è scelta consapevolmente dai militari italiani quale luogo da presidiare in mancanza di altre posizioni idonee in pieno deserto. Nel novembre 1934 truppe regolari Etiopi, di scorta a una commissione mista inglese-etiope per la delimitazione delle frontiere, contestano alle truppe italiane lo sconfinamento. Gli inglesi, per evitare incidenti internazionali, abbandonano la commissione e le truppe italiane ed Etiopi rimangono accampate a poca distanza le une dalle altre. Nei primi giorni di dicembre, in circostanze mai chiarite, un combattimento tra italiani ed etiopi costa la vita a 150 soldati etiopi e a 50 soldati italiani (somali).
Mussolini chiede delle scuse ufficiali nonché il pagamento di un'indennità da parte del governo etiope, conformemente a quanto stabilito in un trattato siglato tra Italia ed Etiopia nel 1928. Il Negus Haile Selassie, avendone la possibilità in virtù del medesimo accordo, decide di rimettersi alla Società delle nazioni (2 gennaio). Per far luce sulla vicenda, questa si impegna in un arbitrato, temporeggiando; tuttavia, i rapporti italo-etiopi sono irrimediabilmente compromessi e Mussolini si appella all'episodio come motivo per dichiarare guerra. Sconfinamenti di reparti militari abissini si erano già verificati precedentemente: ad esempio, il 4 novembre 1934 quando il consolato italiano a Gondar era stato attaccato da gruppi armati etiopici. Del pari erano stati frequenti i deliberati sconfinamenti di truppe italiane. Le tensioni italo-etiopiche erano dovute al disegno italiano di unificare territorialmente Eritrea e Somalia, a spese dell'Etiopia, e al desiderio etiopico di conquistare uno sbocco sul mare. Deve inoltre tenersi presente che l'Etiopia era uno dei pochissimi stati africani indipendenti, ossia non controllato da una delle potenze coloniali europee: uno Stato ideale per le mire espansionistiche di Mussolini.
Tra il 4 e il 7 gennaio 1935 Mussolini incontra a Roma il ministro degli esteri francese Pierre Laval: vengono firmati accordi in virtù dei quali la Francia si impegna a cedere all'Italia la Somalia francese (attuale Gibuti), a riconoscere le consistenti minoranze italiane presenti in Tunisia (che era stata oggetto di rivendicazione da parte italiana) e ad appoggiare diplomaticamente l'Italia in caso di una guerra contro l'Etiopia.[18] Laval sperava così di avvicinare Mussolini alla Francia, al fine di dar vita ad un'alleanza in funzione anti-nazista.
Il 16 gennaio Mussolini assume la direzione del Ministero delle Colonie. Il 19 gennaio la Società delle Nazioni riconosce «la buona fede» di Italia ed Etiopia nell'incidente di Ual Ual e decide che il caso debba essere trattato tra le due parti interessate; tuttavia, il 17 marzo gli abissini presentano un altro ricorso, appellandosi all'articolo XV dell'organizzazione. Nella conferenza di Stresa (vedi Fronte di Stresa), svoltasi tra l'11 e il 14 aprile, Italia, Regno Unito e Francia condannano congiuntamente le violazioni del trattato di Versailles da parte della Germania. L'8 giugno a Cagliari, di fronte all'ostilità mostrata in tal senso dalla Gran Bretagna, Mussolini rivendica il diritto dell'Italia ad attuare una propria politica coloniale. Il 18 settembre, in un articolo pubblicato sul Morning Post, garantisce che non verranno colpiti gli interessi francesi e inglesi nell'Africa orientale. Il 2 ottobre annuncia la dichiarazione di guerra all'Etiopia dal balcone di Palazzo Venezia. Attaccando il paese africano, membro della Società delle Nazioni, Mussolini aveva violato l'articolo XVI dell'organizzazione medesima: «se un membro della Lega ricorre alla guerra, infrangendo quanto stipulato negli articoli XII, XIII e XV, sarà giudicato ipso facto come se avesse commesso un atto di guerra contro tutti i membri della Lega, che qui prendono impegno di sottoporlo alla rottura immediata di tutte le relazioni commerciali e finanziarie, alle proibizioni di relazioni tra i cittadini propri e quelli della nazione che infrange il patto, e all'astensione di ogni relazione finanziaria, commerciale o personale tra i cittadini della nazione violatrice del patto e i cittadini di qualsiasi altro paese, membro della Lega o no».
Nel frattempo, inaugura nell'Agro Pontino le nuove città di Guidonia (27 aprile) e Pontinia (13 novembre).
Il 18 novembre l'Italia è colpita dalle sanzioni economiche imposte dalla Società delle Nazioni - approvate da 52 stati con i soli voti contrari di Austria, Ungheria e Albania - in risposta alle quali vengono promossi i programmi economici autarchici. Le sanzioni risultano comunque inefficaci, poiché numerosi paesi, pur avendole votate ufficialmente, mantengono buoni rapporti con l'Italia rifornendola di materie prime. La Germania nazista è uno di questi e la guerra d'Etiopia rappresenta l'inizio dell'avvicinamento tra Mussolini ed Hitler.
Non deve dimenticarsi, peraltro, che la guerra d'Etiopia sarebbe stata assolutamete impensabile laddove la Gran Bretagna avesse avuto un atteggiamento meno accondiscendente. Le navi italiane cariche di truppe ed equipaggiamento per la nuova impresa mussoliniana dovevano infatti transitare per il canale di Suez, a pochi metri dalla Mediterranean Fleet, contro la quale la Regia Marina ben poco poteva fare.
Memore della bruciante sconfitta subita ad Adua dalle truppe italiane, e consapevole della forza e degli armamenti (forniti per anni anche dalla Germania) a disposizione degli abissini, Mussolini segue in prima persona sia la preparazione, sia lo svolgimento delle operazioni militari, che in soli sette mesi condurranno alla distruzione delle forze armate dell'ultimo Stato indipendente d'Africa, erede dell'antico Impero etiopico.[19]
Per assicurarsi una rapida vittoria, Mussolini, esaminate le richieste dei vertici militari, arriva a triplicare l'entità di uomini e mezzi: nel maggio del 1936 si troveranno così schierati sul teatro di guerra quasi mezzo milione di uomini (inclusi 87.000 ascari), 492 carri armati, 18.932 automezzi e 350 aerei. Dell'arsenale a disposizione degli italiani fanno parte anche ingenti quantità di armi chimiche e batteriologiche, proibite dalla Convenzione di Ginevra e sbarcate in gran segreto a Massaua: 60.000 granate all'arsina per artiglieria, 1.000 tonnellate di bombe all'iprite per aeronautica, e 270 tonnellate di aggressivi chimici per impiego tattico.[20]
Sin dall'inizio dei combattimenti, il 3 ottobre, Mussolini assume la direzione delle operazioni e invia quasi quotidianamente ordini radiotelegrafati ai suoi generali impegnati sul campo (Rodolfo Graziani sul fronte Sud, Emilio De Bono e poi Pietro Badoglio su quello Nord), dettando loro linee e ordini operativi, fra cui quelli relativi all'uso delle armi chimiche, sul cui impiego egli ha avocato a sé ogni decisione.[21][22]
Il primo ordine che contempla l'impiego delle armi chimiche giunge da Mussolini a Graziani il 27 ottobre 1935, per preparare l'assalto alla piazzaforte abissina di Gorrahei, tuttavia sono sufficienti sei tonnellate di granate convenzionali per avere ragione dei suoi difensori il successivo 29. Graziani richiede poi a Mussolini l'autorizzazione all'uso delle armi chimiche per "operazioni difensive" (volte a fermare l'assalto dell'armata di ras Destà Damteu alle linee italiane a Dolo, a fine dicembre 1935) e l'ottiene prontamente e con ampio mandato, sino allo sterminio dell'intera formazione nemica.[23]
Nello stesso periodo (tra il 22 dicembre 1935 e i primi di gennaio 1936), Badoglio riceve l'ordine di impiegare sul fronte Nord le bombe d'aviazione contro gli abissini, passati all'offensiva nello Scirè. L'ordine, già in corso d'esecuzione (sono sottoposti alla micidiale pioggia di gas vescicanti anche i civili, il bestiame e i raccolti), viene sospeso per motivi politici in vista di una riunione della Società delle Nazioni prevista a Ginevra il 5 gennaio. Badoglio tuttavia ignora l'ordine di sospensione e prosegue nei bombardamenti chimici sino al 7, e poi nuovamente il 12 e 18 gennaio.[24]
Il 19 gennaio Mussolini torna ad autorizzare la guerra totale, con queste parole:
« Autorizzo Vostra Eccellenza a impiegare tutti i mezzi di guerra, dico tutti, sia dall'alto, come da terra. Massima decisione. »
(Telegramma segreto di Benito Mussolini a Pietro Badoglio[25])
I bombardamenti chimici d'artiglieria ed aerei proseguono sia sul fronte Nord (sino al 29 marzo 1936) che su quello Sud (sino al 27 aprile), arrivando ad impiegare in totale circa 350 tonnellate di armi chimiche. In questo contesto, a fine gennaio, quando nonostante il largo impiego di armi e mezzi le armate italiane del fronte Nord sono in grave difficoltà (tanto che Badoglio, premuto dalle forze di ras Cassa è sul punto di ordinare l'evacuazione di Macallè), Mussolini non esita a prospettare al suo generale l'impiego di armi batteriologiche. Badoglio esprime la propria netta contrarietà, facendo presente a Mussolini le reazioni internazionali che questa scelta avrebbe provocato e il proprio timore circa le conseguenze incontrollabili dell'uso di un'arma mai sperimentata prima; il duce recepisce tali obiezioni e il 20 febbraio ritira proposta.[26]
L'uso delle armi chimiche - del quale Mussolini è direttamente responsabile - è nascosto all'opinione pubblica italiana, e il duce ordina di smentire come animate da sentimenti "anti-italiani" le poche denunce sul loro impiego che appaiono sulla stampa internazionale.[27] Il crimine verrà a lungo negato con decisione, anche dopo la fine del fascismo, persino da testimoni come Indro Montanelli, restando ai margini dell'immensa storiografia prodotta sulla figura di Mussolini. Si dovrà attendere il 7 febbraio 1996 perché la verità venga riconosciuta ufficialmente, quando l'allora Ministro della Difesa, generale Domenico Corcione, ammette davanti al Parlamento l'uso delle armi chimiche da parte italiana durante la guerra d'Etiopia.[28]
La conduzione di una vera e propria politica di sterminio nei confronti degli etiopici non si limitò all'impiego delle armi chimiche, ma fu condotta anche con altri strumenti, come l'ordine di non rispettare i contrassegni della Croce Rossa del nemico, che portarono alla distruzione di almeno 17 tra ospedali da campo (tra i quali uno svedese, ciò che causò il disappunto del duce per il danno politico che ne conseguì) ed installazioni mediche abissine, o l'impiego di truppe di ascari libici di fede musulmana contro le armate e la popolazione cristiano-copta abissina. Le truppe libiche - appartenenti a tribù memori delle violenze subite dagli ascari eritrei scatenati per lustri dai generali italiani contro i ribelli e le genti libiche - si resero colpevoli di massacri sia nei confronti dei civili, sia dei prigionieri, tanto da spingere il generale Guglielmo Nasi ad istituire un premio di cento lire per ogni prigioniero vivo che gli fosse stato consegnato.[29]
I crimini proseguirono anche a guerra finita e almeno sino al 1940 nei confronti dei ribelli, contro la popolazione popolazione e anche contro i monaci abissini nei santuari cristiano-copti, che furono trucidati a centinaia a Debrà Libanòs e altrove.[30]
Il 7 maggio 1936 Mussolini riceve da Vittorio Emanuele III la Gran Croce dell'Ordine Militare di Savoia. Il sovrano, nell'insignire il duce della massima decorazione militare del regno, riconosce con parole altisonanti il ruolo diretto di guida svolto da Mussolini: «Ministro delle Forze armate, preparò, condusse e vinse la più grande guerra coloniale che la storia ricordi.».
Il 9 maggio, sempre dal balcone di Palazzo Venezia, annuncia la fine della guerra d'Etiopia e proclama la rinascita dell'impero (il re d'Italia assume il titolo di imperatore d'Etiopia).
La campagna abissina rappresenta il momento di massimo consenso del popolo italiano verso il fascismo. Mussolini stabilisce che, nell'indicare la data sui documenti ufficiali e sui giornali, occorra scrivere l'anno a cominciare dal 28 ottobre 1922 (tale disposizione era già in uso dal 31 dicembre 1926) affiancato da quello dalla fondazione dell'impero (ad esempio, il '36 era indicato come «anno 1936, XIV dell'Era Fascista, I dell'Impero»).
Il 4 luglio la Società delle Nazioni decreta terminata l'applicazione dell'articolo XVI e le sanzioni cadono il 15 dello stesso mese (l'unico stato che si oppose fu il Sudafrica); Mussolini ottiene, per la guerra vittoriosa, il titolo di maresciallo d'Italia (30 marzo 1938).
Il 9 giugno affida al genero Galeazzo Ciano il Ministero degli Esteri.
Il 24 luglio 1936 si accorda con Hitler per l'invio di contingenti militari in Spagna a sostegno di Francisco Franco, il cui colpo di Stato del 18 luglio aveva scatenato la guerra civile spagnola. Il figlio di Mussolini Bruno partecipa alla guerra come capo di una squadriglia aerea. Il 1° novembre annuncia con un discorso la creazione (sancita il 24 ottobre) dell'Asse Roma-Berlino (non si tratta ancora di una vera alleanza militare, che sarà stipulata solo col patto d'acciaio).
Il 2 gennaio 1937 viene siglato un gentlemen's agreement tra Italia e Regno Unito, col quale si definiscono i diritti di entrata, uscita e transito nel Mediterraneo e si stabilisce di evitare la modifica dello «statu quo relativo alla sovranità nazionale dei territori del bacino del Mediterraneo», Spagna inclusa. Tale accordo sarà confermato dal Patto di Pasqua del 16 aprile 1938.
Il 20 marzo, nell'oasi di Bugàra vicino a Tripoli, riceve dal capo berbero Iusuf Kerbisc, la "spada dell'islam", un manufatto dorato, simbolo dell'approvazione di una parte della società libica verso il regime mussoliniano. Il 21 aprile inaugura Cinecittà, concepita come sede dell'industria cinematografica italiana, consistentemente finanziata dal governo in quegli anni (risale al 1937 il primo colossal italiano: Scipione l'Africano). Il 22 aprile incontra a Venezia il cancelliere austriaco Schuschnigg e si dichiara non contrario all'Anschluss dell'Austria con la Germania. Sempre in aprile incontra il ministro dell'aeronautica tedesco Hermann Göring e il ministro degli esteri tedesco Von Neurath. Il 25 e il 29 settembre, incontra Hitler, prima a Monaco e poi a Berlino. Il 6 novembre l'Italia aderisce al Patto Anticomintern, siglato precedentemente tra Germania e Giappone in funzione anti-sovietica. Il 3 dicembre 1937 viene stipulato a Bangkok un trattato di amicizia, commercio e navigazione col Siam (attuale Thailandia). L'11 dicembre annuncia l'uscita dell'Italia dalla Società delle Nazioni. Accoglie, tra il 3 ed il 9 maggio 1938, Hitler, il quale è in visita in Italia. Grazie alla mediazione mussoliniana, di fronte all'eventualità dello scoppio di un conflitto tra il blocco anglo-francese e la Germania, il 29 settembre si tiene la Conferenza di Monaco. Ad essa sono presenti Mussolini, Hitler, Daladier per la Francia e Chamberlain per la Gran Bretagna: viene riconosciuta alla Germania la legittimità della sua politica in Cecoslovacchia. Mussolini viene festeggiato come «il salvatore della pace» per aver scongiurato il conflitto.
Tra l'11 e il 14 gennaio 1939, a Roma, incontra Chamberlain e il ministro degli esteri inglese Frederik Halifax. Il 19 gennaio 1939 la Camera dei deputati viene soppressa e sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni. In aprile il duce ordina l'occupazione e l'annessione dell'Albania; l'Italia già godeva di una forma non ufficiale di protettorato sul paese da molti anni, e l'«invasione» fu presumibilmente dovuta alla volontà mussoliniana di dimostrare all'alleato tedesco la propria forza.
La stabilità della dittatura fascista è in gran parte da ascriversi alla capacità di Mussolini di generare attorno alla propria figura un forte consenso. L'abilità mostrata nel rendere la sua personalità oggetto di vero e proprio culto si rifletté non solo nell'approvazione che la società italiana a lungo gli mostrò, ma anche nell'ammirazione che riusci a guadagnarsi presso numerosi capi di stato Stranieri di intellettuali e, più in generale, presso l'opinione pubblica internazionale, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Da questo punto di vista Mussolini divenne un modello di ispirazione per molti futuri dittatori, soprattutto Hitler, ma anche per molti politici di spicco di importanti stati democratici.
La popolarità di Mussolini trova probabilmente la sua origine nell'insoddisfazione del popolo italiano nei confronti delle classi dirigenti liberali per via dei trattati di pace, ritenute dai più sfavorevoli, che l'Italia aveva dovuto accettare alla fine della prima guerra mondiale, nonostante gli oltre 650.000 morti e i sacrifici enormi sopportati dal paese. Non a caso, Gabriele D'Annunzio parlò di «vittoria mutilata». L'Italia guadagnò territorialmente solo parte di ciò che le era stato promesso col patto di Londra e ciò, unito al generale malcontento post-bellico e alla terribile crisi economica dell'immediato dopoguerra, fece crescere il desiderio di un governo forte. Secondo molti questa eventualità avrebbe potuto traghettare l'Italia verso un'epoca di benessere, governando un paese provato dal conflitto mondiale e attraversato da malcontenti che avevano generato le rivolte operaie del biennio rosso.
Mussolini fu abile a sfruttare tale situazione: si presentò come il restauratore dell'ordine e della pace sociale, teso alla «normalizzazione» della situazione politica. Da questo punto di vista, molti squadristi fascisti intransigenti criticarono la collaborazione (nel 1922-1924) del PNF, a livello governativo, con i vecchi partiti, nonché il fatto che fossero rimasti in carica molti dei questori e dei prefetti che erano stati estranei al fascismo. A partire dal 1925, con la promulgazione delle leggi fascistissime e l'inizio della dittatura, ogni forma di collaborazione coi vecchi partiti fu abbandonata. Il consenso fu poi alimentato grazie al controllo sulla stampa e sul mondo culturale italiano. Inoltre ogni forma attiva di dissenso venne repressa attraverso l'OVRA, il Tribunale Speciale, e l'istituto giuridico del confino.
Mussolini dimostrò di avere una personalità carismatica, come testimoniano i discorsi tenuti di fronte a «folle oceaniche», e una notevole abilità oratoria, che attinse in parte dall'esempio dannunziano. Egli incrementò la sua popolarità presentandosi come «il figlio del popolo», ricorrendo all'organizzazione ed all'irreggimentazione delle masse, chiamate di continuo a partecipare ad iniziative di varia natura, ma anche grazie all'appoggio di intellettuali di spicco (Gabriele D'Annunzio, Mario Sironi, i futuristi, Giovanni Gentile) e di uomini di grandi capacità di governo. Mussolini seppe sfruttare abilmente, come mai prima era stato fatto, i nuovi mezzi di comunicazione (la radio, il cinema e i cinegiornali) nonché i successi sportivi conseguiti dall'Italia fascista (come i Mondiali di calcio del 1934 e del 1938, e il titolo mondiale dei pesi massimi conquistato da Primo Carnera), che furono entrambi ampiamente utilizzati in funzione propagandistica.
Mussolini riuscì spesso a interpretare correttamente la volontà della maggioranza del popolo italiano, attuando importanti interventi di tipo sociale, sanitario, previdenziale, economico e culturale.
Occorre inoltre sottolineare come la politica di potenza inaugurata dall'Italia fascista fosse vista con favore da gran parte della popolazione. Mussolini mirava a fare dell'Italia un paese temuto e rispettato, restaurando i fasti dell'impero romano, recuperando i territori irredenti e realizzando il controllo italiano sul mediterraneo (il mare nostro). Questa politica produsse tuttavia solo risultati minimi, e spinse l'Italia verso il definitivo disastro della seconda guerra mondiale.
Hitler considerò Mussolini suo maestro:
« ... concepii profonda ammirazione per il grand'uomo a sud delle Alpi che, pieno di fervido amore per il suo popolo, non venne a patti col nemico interno dell'Italia ma volle annientarlo con ogni mezzo. Ciò che farà annoverare Mussolini fra i grandi di questa Terra è la decisione di non spartirsi l'Italia col marxismo ma di salvare dal marxismo, distruggendolo, la sua patria. A petto di lui, quanto appaiono meschini i nostri statisti tedeschi! E da quale nausea si è colti al vedere queste nullità osar criticare chi è mille volte più grande di loro! »
(Adolf Hitler, Mein Kampf, cap.XV. trad.: Andrea Irace)
Churchill, nel 1926, lo definì «il più grande legislatore vivente» e «un grande uomo» ancora nel 1940[citazione necessaria];
Il 13 febbraio 1929, Pio XI, a due giorni dai Patti Lateranensi, tenne un discorso a Milano ad un udienza concessa a professori e studenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che passò alla storia per una lettura secondo cui Benito Mussolini sarebbe «l'uomo della Provvidenza»:
« Le condizioni dunque della religione in Italia non si potevano regolare senza un previo accordo dei due poteri, previo accordo a cui si opponeva la condizione della Chiesa in Italia. Dunque per far luogo al Trattato dovevano risanarsi le condizioni, mentre per risanare le condizioni stesse occorreva il Concordato. E allora? La soluzione non era facile, ma dobbiamo ringraziare il Signore di averCela fatta vedere e di aver potuto farla vedere anche agli altri. La soluzione era di far camminare le due cose di pari passo. E così, insieme al Trattato, si è studiato un Concordato propriamente detto e si è potuto rivedere e rimaneggiare e, fino ai limiti del possibile, riordinare e regolare tutta quella immensa farragine di leggi tutte direttamente o indirettamente contrarie ai diritti e alle prerogative della Chiesa, delle persone e delle cose della Chiesa; tutto un viluppo di cose, una massa veramente così vasta, così complicata, così difficile, da dare qualche volta addirittura le vertigini. E qualche volta siamo stati tentati di pensare, come lo diciamo con lieta confidenza a voi, sì buoni figliuoli, che forse a risolvere la questione ci voleva proprio un Papa alpinista, un alpinista immune da vertigini ed abituato ad affrontare le ascensioni più ardue; come qualche volta abbiamo pensato che forse ci voleva pure un Papa bibliotecario, abituato ad andare in fondo alle ricerche storiche e documentarie, perché di libri e documenti, è evidente, si è dovuto consultarne molti. Dobbiamo dire che siamo stati anche dall’altra parte nobilmente assecondati. E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamenti, o piuttosto disordinamenti, tutte quelle leggi, diciamo, e tutti quei regolamenti erano altrettanti feticci e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi. E con la grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro, con l’incontro di molti e nobili assecondamenti, siamo riusciti « tamquam per medium profundam eundo » a conchiudere un Concordato che, se non è il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all’Italia e l’Italia a Dio. »
(Pio XI, allocuzione Vogliamo anzitutto[31])
Pio XI gli conferì l'Ordine dello Speron d'Oro nel 1932[citazione necessaria]; molti in Europa, nel 1933, lo chiamarono «il salvatore della pace»[citazione necessaria]; lo stesso Franklin Delano Roosevelt gli riservò commenti lusinghieri[citazione necessaria]; Gandhi affermò che «il Duce è uno statista di primissimo ordine, completamente disinteressato, un superuomo»[citazione necessaria].
Mussolini inizialmente aveva espresso disapprovazione nei confronti della politica razzista espressa dal nazionalsocialismo.[32] Tuttavia, a partire dal 1938, in seguito dell'alleanza con la Germania, il regime fascista promulgò una serie di decreti il cui insieme è noto come leggi razziali, che introducevano provvedimenti discriminatori e persecutori nei confronti degli ebrei italiani.
Fra i diversi documenti e provvedimenti legislativi che costituiscono il corpus delle cosiddette leggi razziali figura il Manifesto della razza, o più esattamente il Manifesto degli scienziati razzisti, pubblicato una prima volta in forma anonima sul Giornale d'Italia il 15 luglio 1938 con il titolo Il Fascismo e i problemi della razza, e ripubblicato sul numero 1 de La difesa della razza il 5 agosto 1938.
Il 25 luglio - dopo un incontro tra i dieci redattori della tesi, il ministro della cultura popolare Dino Alfieri ed il segretario del PNF Achille Starace - dalla segreteria politica del partito viene comunicato il testo definitivo del lavoro, completo dell'elenco dei firmatari e delle adesioni, aderenti e simpatizzanti del PNF.
Al regio decreto legge del 5 settembre 1938 - che fissava «Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista» - e a quello del 7 settembre - che fissava «Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri» - fece seguito (6 ottobre) una «dichiarazione sulla razza» emessa dal Gran Consiglio del Fascismo; tale dichiarazione venne successivamente adottata dallo stato sempre con un regio decreto legge che porta la data del 17 novembre.
Fra il '43 e il '45, il governo della Repubblica Sociale Italiana si rese complice nella deportazione nei campi di concentramento nazisti di numerose donne ed uomini di religione ebraica. In territorio italiano, nella Risiera di San Sabba, vicino Trieste, sorse un campo di raccolta per il trasporto degli ebrei nei campi di concentramento tedeschi. Nel campo le autorità tedesche compirono uccisioni, e al suo interno fu anche installato un forno crematorio.[33]
« La dichiarazione di guerra, è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia »
(L'annuncio di Mussolini della scesa in guerra dell'Italia)
Il 22 maggio 1939 Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri italiano, firma il Patto d'Acciaio con la Germania, che sancisce ufficialmente la nascita di un'alleanza vincolante italo-tedesca.
Il 30 maggio Mussolini incarica il generale Ugo Cavallero di recapitare ad Hitler un memoriale, in cui afferma che la guerra è inevitabile ma che l'Italia non sarà pronta ad intraprenderla prima di 3 anni. Nonostante le iniziali rassicurazioni in merito, la Germania invade la Polonia il 1° settembre, determinando l'inizio del conflitto. Mussolini dichiara la «non belligeranza», grazie alla quale lo Stato italiano si manterrà momentaneamente fuori dalla guerra.
Il 10 marzo 1940 Mussolini accoglie a Roma il ministro degli esteri tedesco Joachim von Ribbentrop, e il successivo 18 marzo incontra Hitler al Brennero, ricevendo da entrambi forti pressioni ad entrare in guerra al fianco della Germania. Il 16, il 22, il 24 ed il 26 aprile riceve messaggi da Churchill, da Paul Reynaud, da Pio XII e da Roosevelt, i quali gli chiedono di rimanere neutrale.
Di fronte agli straordinari ed inaspettati successi della Germania nazista tra l'aprile e il maggio del 1940, Mussolini ritiene che gli esiti la guerra siano oramai decisi, e il 10 giugno dichiara guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna. Alla contrarietà e alle rimostranze di alcuni importanti collaboratori e militari (fra cui Dino Grandi, Galeazzo Ciano e il generale Enrico Caviglia) Mussolini avrebbe risposto:
« Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative.. »
Sul fronte con la Francia, le truppe italiane assunsero inizialmente un atteggiamento difensivo, sia per la mancanza di un'adeguata artiglieria e contraerea (non vi era stato il tempo di mobilitare tutti i reparti necessari all'avanzata), sia per la riluttanza ad attaccare i cugini d'oltralpe. Conseguentemente, i primi a prendere l'iniziativa furono gli avversari: aerei britannici, decollati da aeroporti francesi, bombardano Torino nella notte tra l'11 ed il 12 giugno. Come ritorsione, aerei italiani bombardano le basi militari francese di Hyères e Tolone. Il 14 la zona industriale di Genova venne bombardata e, di conseguenza, l'esercito italiano ricevette l'ordine di passare decisamente alla contro-offensiva, programmata per il 18. Gli Italiani attaccano quindi Biserta, Bastia e Calvi.
Il 22 giugno la Francia firma l'armistizio con la Germania. Il 18, dopo che in territorio alpino si erano avuti solo marginali scontri tra truppe anglo-francesi ed italiane, Mussolini partecipa ad un vertice a Monaco di Baviera con Hitler per discutere dell'inaspettata ed improvvisa resa: le condizioni di pace richieste dal duce[34] vengono solo parzialmente accolte (furono riconosciute all'Italia solo le richieste di occupazione).
Il 24 giugno la Francia firma l'armistizio con l'Italia, riconoscendole, oltre alla richieste di occupazione, anche la cessione di una porzione di territorio francese di confine e la smilitarizzazione di una fascia larga 50 miglia lungo il confine franco-italiano e libico-tunisino.
Di fronte alla notizia di un imminente sbarco in Inghilterra dei tedeschi (Operazione Leone Marino), Italo Balbo, governatore della Libia, riceve l'ordine di avanzare verso l'Egitto, protettorato inglese (25 giugno). Ma il 28, mentre sorvola Tobruk bombardata dagli inglesi, venne abbattuto dalle batterie antiaeree italiane, che lo avevano scambiato per un nemico.
Le iniziali parziali vittorie si rivelano tuttavia effimere, poiché la guerra si prolunga oltre il previsto, rivelando l'impreparazione, la disorganizzazione e le deficienze dell'esercito italiano. In Africa, nel dicembre 1940 gli inglesi danno vita ad una vigorosa contro-offensiva che porterà, tra l'altro, alla conquista dell'Africa Orientale Italiana entro il giugno 1941. Le ultime truppe italiane si arrenderanno a Gondar il 21 novembre. La superiorità numerica e tecnologica degli inglesi[35] e la progressiva perdita d'iniziativa della marina italiana[36] non possono che condurre alla disfatta.
In seguito, gli scontri tra le due marine nemiche si limiteranno, da parte italiana, alla guerra sottomarina, alla protezione delle rotte di rifornimento tra la Sicilia e la Libia, a sporadici tentativi di intercettazione di convogli inglesi sulla rotta Gibilterra-Alessandria d'Egitto ed ad operazioni temerarie compiute da mezzi d'assalto (quali i MAS, i «barchini» - piccole barche cariche di tritolo che causarono l'affondamento di molte navi inglesi- ed i «maiali»).
Il 27 settembre 1940 Italia, Germania e Giappone si uniscono nel Patto tripartito, cui aderiranno anche nell'ordine, nel corso della guerra, Ungheria (20 novembre 1940), Romania (23 novembre), Slovacchia (24 novembre), Bulgaria (1° marzo 1941) e Iugoslavia (27 marzo).
Il 4 ottobre 1940 Mussolini incontra Hitler al Brennero per stabilire di comune accordo una strategia militare; tuttavia, il 12 ottobre i tedeschi prendono controllo della Romania, sita nella zona di influenza italiana e ricca di giacimenti petroliferi, senza avvisare gli Italiani. Conseguentemente, Mussolini decide di imbarcarsi in una «guerra parallela» a fianco dell'alleato tedesco, al fine di non dipendere troppo dall'iniziativa militare e politica di Hitler; sempre convinto che la Gran Bretagna sarebbe scesa presto a patti col führer e che il principale fronte di guerra sarebbe così stato chiuso.
Il 19 ottobre il duce invia ad una lettera in cui comunica l'intenzione italiana di attaccare la Grecia. Hitler si reca a Firenze il 28 ottobre, per dissuadere Mussolini dall'impresa, ma questi lo avvertirà, assumendo un atteggiamento simile a quello avuto dall'alleato con la Romania, che l'attacco era già iniziato da alcune ore.
L'attacco alla Grecia si conclude in un disastro: la stagione invernale e il territorio montuoso ostacolano ogni tentativo d'avanzata, anche a causa dell'equipaggiamento del tutto inadeguato in dotazione alle truppe italiane. L'esercito greco - rafforzato dall'arrivo di oltre 70.000 militari inglesi - si rivela inoltre più agguerrito e organizzato del previsto; anche l'appoggio di numerose squadriglie aeree e navali britanniche risulta determinante. Gli Italiani sono costretti a ripiegare in territorio albanese, dove solo nel dicembre 1940 riescono a bloccare la contro-offensiva degli avversari, trasformando così il conflitto in una guerra di posizione.
Il 19 e il 20 gennaio 1941, a Berchtesgaden, Mussolini incontra Hitler, il quale gli promette l'invio di contingenti tedeschi in Grecia e in Africa del Nord a sostegno delle truppe italiane lì presenti, che d'ora in poi dipenderanno sempre più dall'aiuto del potente alleato. L'incontro rappresenta il definitivo abbandono da parte italiana della strategia della «guerra parallela» (rivelatasi insostenibile e fallimentare), e si traduce in una conduzione del conflitto sempre più conforme alle direttive e agli interessi nazionalsocialisti, ovvero in una sorta di «guerra tedesca».
Il 9 febbraio la marina inglese bombarda Genova. L'11 febbraio il duce incontra Francisco Franco a Bordighera per convincerlo ad entrare in guerra a fianco delle forze dell'Asse, ma fallisce nel suo intento. A partire dal 12 febbraio giungono in Libia gli aiuti militari promessi dal Fuehrer: i Deutsche Afrikakorps, composti principalmente di mezzi corazzati ("panzer") e da rinforzi aerei, sotto il comando di Erwin Rommel.
Rivestendo de facto il ruolo di comandante supremo delle truppe italiane nella regione (seppur ufficialmente fosse un sottoposto del comandante superiore delle Forze Armate in Africa generale Italo Gariboldi), la «volpe del deserto» riesce rapidamente a riorganizzarle ed a guidare un'efficace offensiva (cominciata il 24 marzo) contro le armate britanniche del Generale maggiore Richard O'Connor, che nel frattempo avevano conquistato la Cirenaica (Operazione Compass). Entro maggio le truppe dell'Asse riacquisiscono il controllo della Libia (eccettuata Tobruk, che resiste al lungo assedio - cominciato il 10 aprile - grazie alla presenza di una forza di occupazione inglese), respingono un tentativo di contro-offensiva (l'Operazione Brevity) e conquistano una porzione di territorio egiziano di confine. In conseguenza delle sconfitte subite, il comando delle truppe del Regno Unito verrà affidato al Generale Claude Auchinleck; questi comanderà, nel novembre e nel dicembre, una grande offensiva (l'Operazione Battleaxe) con lo scopo di alleviare l'assedio di Tobruk, ma fallirà nel suo intento.
Il 27 marzo in Iugoslavia, che solo due giorni prima aveva aderito al patto tripartito, gli inglesi organizzano con successo il colpo di stato del generale nazionalista serbo Dusan Simovic (il reggente Paolo viene esiliato e il Ministro degli Esteri ed il Primo Ministro vengono destituiti). Il nuovo governo iugoslavo firma un trattato di amicizia con l'Unione Sovietica (5 aprile). Di fronte al rischio portato dall'eccessivo rafforzamento della presenza inglese nei Balcani e da un'eventuale alleanza in funzione anti-Asse della Jugoslavia con l'URSS, la Germania, l'Ungheria e la Bulgaria attaccano la Jugoslavia. Nel medesimo giorno anche l'Italia le dichiara guerra. L'avanzata italiana si rivela un successo in area slovena e in Dalmazia e la Iugoslavia capitola rapidamente (17 aprile). Pietro II fugge a Londra. L'Italia ottiene la maggior parte della costa dalmata e la provincia di Lubiana, mentre il Kosovo viene annesso all'Albania italiana.
Nel frattempo, le truppe italiane, dopo mesi di stallo, riprendono ad avanzare in Albania (13 aprile), che viene totalmente riconquistata in pochi giorni, ed in Epiro. Sempre nel mese di aprile le armate italiane e tedesche sferrano congiuntamente un nuovo attacco alla Grecia, che ben presto firma la resa con la Germania (21 aprile). Mussolini, che si sente umiliato a causa dell'esclusione dell'Italia dal trattato di pace, pretende di essere rispettato. Per ordine di Hitler, la cerimonia della firma viene quindi ripetuta due giorni dopo anche in presenza di autorità italiane (23 aprile). Il 3 maggio truppe italo-tedesche sfilano ad Atene e il 1° giugno cade Creta, ultimo avamposto nemico rimasto nella regione. Nonostante la conquista dei Balcani fosse dovuta esclusivamente all'intervento delle forze germaniche, Mussolini ottene il diritto di occupare le isole Ionie e la maggior parte della Grecia, che non rientravano nella zona d'influenza tedesca.
Il 2 giugno del 1941 Mussolini incontra nuovamente Hitler, che il 22 ordina l'attacco all'Unione Sovietica (operazione Barbarossa). In luglio viene inviato in Russia il CSIR (composto di 58.800 soldati al comando del generale di corpo d'armata Giovanni Messe), come sostegno dell'alleato tedesco. Il 25 agosto, nel Quartier Generale tedesco a Rastenburg, nella Prussia orientale, il Duce passa in rassegna le truppe accanto a Hitler.
Il 7 dicembre la flotta giapponese attacca Pearl Harbour, base militare statunitense, determinando l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Il 12 dicembre l'Italia dichiara guerra agli Stati Uniti, seguendo l'iniziativa dell'alleato tedesco che aveva assunto lo stesso provvedimento il giorno precedente. Il 18 dicembre un'incursione italiana nel porto di Alessandria d'Egitto causa ingenti danni alla marina britannica.
A partire dal 15 febbraio 1942 giungono in Russia numerosi rinforzi italiani a sostegno dell'avanzata tedesca: entro 5 mesi vengono inviati oltre 160.000 soldati. Il 9 luglio il CSIR viene affidato alla guida del Generale Italo Gariboldi (che sostituisce il precedente comandante, il Generale Giovanni Messe) e muta il proprio nome in ARMIR ("ARMata Italiana in Russia"), che arriverà a contare più di 200.000 uomini. L'esercito italiano si distingue per coraggio sul fronte sovietico, in particolar modo a Stalingrado, tuttavia appare in tutta la sua evidenza l'inadeguatezza e l'arretratezza dell'equipaggiamento in dotazione alle truppe. La battaglia di Stalingrado si rivela decisiva per il destino della campagna di Russia e, più in generale, per le sorti della guerra: tra il 3 gennaio e il 2 febbraio 1943 le forze dell'Asse vengono sconfitte e respinte. Le armate italiane faranno rientro in patria tra l'aprile ed il maggio 1943: oltre 60.000 saranno i «dispersi».
Il 29 aprile 1942 Mussolini incontra Hitler a Salisburgo: durante questo colloquio i due capi di governo si accordano per scatenare a breve una grande offensiva in Africa settentrionale. Tra il 26 maggio e il 21 giugno le truppe dell'Asse si rendono protagoniste di una vittoriosa avanzata in Libia (Battaglia di Gazala), che porta, tra l'altro, alla caduta di Tobruk (20 giugno), assediata da oltre un anno. Le armate di Erwin Rommel si trovano a soli 100 chilometri circa da Alessandria d'Egitto, che, secondo le previsioni dei plenipotenziari italiani e tedeschi, avrebbe dovuto esser raggiunta in poco tempo. Il 29 giugno Mussolini parte per la Libia, dove si trattiene sino al 20 luglio. Tra l'1 ed il 29 luglio si combatte la Prima battaglia di El Alamein: le truppe italo-tedesche tentano invano di sfondare le linee difensive inglesi. Fra il 31 agosto ed il 5 settembre fallisce, nella Battaglia di Alam Halfa, l'ultimo tentativo di sfondamento delle armate del patto tripartito. Nella Seconda battaglia di El Alamein (combattuta tra il 23 ottobre e il 3 novembre) le truppe inglesi del generale Bernard Montgomery (che in agosto aveva sostituito al comando il generale Claude Auchinleck) sconfiggono gli avversari, costringendoli a un disastroso ripiegamento.
L'avanzata inglese si rivela incontenibile: l'8 novembre l'Africa francese (amministrata fino ad allora dalla Francia di Vichy, stato teoricamente neutrale) viene conquistata dalle truppe anglo-americane (Operazione Torch), la Libia viene rapidamente perduta (il 23 gennaio 1943 cade Tripoli), e tra il 19 ed il 25 febbraio 1943 le forze italo-tedesche vengono nuovamente sconfitte nelle Battaglia del passo di Kasserine, combattuta in Tunisia (che Rommel aveva fatto occupare in gennaio). Il 7 maggio le ultime truppe dell'Asse abbandonano l'Africa.
Nel novembre e nel dicembre 1942, Mussolini, abbattuto e depresso, si lascia sostituire da Ciano in due colloqui con Hitler. Il 2 dicembre, dopo 18 mesi di silenzio e conscio dei recenti rivolgimenti, torna a parlare al popolo italiano da Palazzo Venezia.
Il 7 aprile 1943 incontra Hitler a Klessheim e propone senza successo di giungere ad un armistizio coi sovietici, al fine di concentrare gli sforzi sugli altri fronti di guerra.
Il 9 luglio gli anglo-americani sbarcano in Sicilia, conquistando l'intera isola il 17 agosto.
Il 16 luglio un gruppo di gerarchi guidato da Dino Grandi chiede la riunione del Gran Consiglio del Fascismo, non più convocato dal 1939.
Il 19 luglio 1943 il duce ha il suo ultimo colloquio con Adolf Hitler a Feltre come capo del governo italiano; durante l'incontro Roma è colpita da un pesante bombardamento aereo alleato.
La sera del 24 luglio, in un clima politico divenuto molto pesante, si tiene una seduta del Gran Consiglio che si concluderà alle prime ore del giorno successivo (25 luglio), con l'approvazione dell'ordine del giorno presentato da Dino Grandi. Viene di fatto richiesta l'esautorazione di Mussolini dai suoi incarichi di governo. La votazione, seppur significativa (in quanto votata dai massimi rappresentanti dello stato), non aveva de iure alcun valore, poiché per legge il Primo Ministro era responsabile del proprio operato solo dinanzi al re, il quale era l'unico a poterlo destituire.
Mussolini, dopo essersi recato regolarmente nel suo studio di Palazzo Venezia per occuparsi degli affari correnti, chiede al sovrano di poter anticipare l'abituale colloquio settimanale, previsto per il giorno successivo, e accetta di presentarsi da questi, giungendo alle ore 17 a Villa Savoia. Vittorio Emanuele III comunica a Mussolini la sua sostituzione con Pietro Badoglio, garantendogli l'incolumità. Mussolini non era però al corrente delle reali intenzioni del monarca, che aveva posto sotto scorta il Capo del Governo e aveva fatto circondare l'edificio da duecento carabinieri.
Il tenente colonnello Giovanni Frignani (poi arrestato dai tedeschi e trucidato alle Fosse Ardeatine), che coordinava l'operazione, espone telefonicamente ai capitani Paolo Vigneri e Raffaele Aversa le modalità di esecuzione dell'arresto. I carabinieri conducono Mussolini in un'autoambulanza della Croce Rossa, senza specificargli la destinazione e rassicurandolo che facevano questo per la sua sicurezza (pomeriggio del 25 luglio). In realtà, Vittorio Emanuele III aveva ordinato di arrestare Mussolini, anche al fine di salvare il destino della propria dinastia, che rischiava di essere considerata come troppo compromessa col Fascismo.
L'armistizio fra l'Italia e gli Alleati (8 settembre) reso noto senza precise istruzioni alle truppe italiane, lascia nella confusione più totale un paese già allo sbando. L'Italia si spacca, in quella che è stata poi definita una guerra civile, tra coloro che si schierano con gli Alleati (che controllano parte del Meridione e la Sicilia), e coloro che invece accettano di proseguire il conflitto a fianco dei tedeschi (che hanno intanto occupato gran parte della penisola).
Frattanto il Re, con parte della famiglia, Badoglio ed i suoi principali collaboratori, fugge in Puglia, ponendosi sotto la protezione degli ex avversari: lì costituisce un governo sotto supervisione alleata, che dichiarerà guerra alla Germania il 13 ottobre.
Mussolini subito dopo il suo arresto è dapprima trattenuto in una caserma dei carabinieri a Roma, in seguito viene detenuto a Ponza (dal 27 luglio), poi sull'isola della Maddalena (7 agosto - 27 agosto 1943) ed infine a Campo Imperatore sul Gran Sasso. Ma il 12 settembre un commando di paracadutisti tedeschi (Fallschirmjäger-Lehrbataillon) guidati dal capitano delle SS Otto Skorzeny lo liberano. Mussolini è tradotto in Germania, dove il 14 settembre incontra il fedele alleato a Rastenburg. Hitler lo vuole sempre al suo fianco e lo invita a formare una repubblica protetta dai tedeschi. Sempre dalla Germania il 18 settembre, con un discorso alla radio di Monaco, Mussolini proclama la ricostituzione del partito fascista, con la nuova denominazione di Partito Fascista Repubblicano ("PFR").
Mussolini torna in Italia il 23 settembre e costituisce un nuovo governo, che si riunisce per la prima volta il 27 settembre alla Rocca delle Carminate.
Di fatto la neonata Repubblica Sociale Italiana è uno stato fantoccio controllato dai tedeschi. Hitler aveva posto sotto il diretto controllo del Reich l'intera area nord-orientale dello stato italiano (ovvero l'Istria, il Friuli, il Trentino e parte del Veneto) nonché i territori precedentemente italiani o sotto il controllo italiano al di fuori della penisola (le truppe tedesche occuparono queste zone nei giorni immediatamente successivi all'armistizio del 8 settembre, senza annetterle ufficialmente, ma tuttavia de facto). Hitler aveva inoltre fatto in modo che l'impiego delle truppe della RSI fosse sotto l'egida del comando tedesco in Italia. Tra il 23 ed il 27 settembre 1943 il governo della RSI con i suoi ministeri si insedia a Salò (alcuni uffici governativi sono distribuiti in località limitrofe), da cui il nome non ufficiale di "Repubblica di Salò".
Il 14 novembre si tiene a Verona la prima assemblea nazionale del Partito Fascista Repubblicano, durante la quale viene redatto il Manifesto di Verona, ovvero il programma di governo del PFR. Mussolini (che ricopre la carica di "capo della repubblica" de facto, essendo tale carica prevista nel manifesto ma non essendo stata da lui assunta in forza di elezioni) annuncia che verrà rimandata al termine del conflitto la convocazione di un'assemblea costituzionale per la redazione della costituzione della RSI, della quale si era prefigurata la convocazione il 13 ottobre.
L'8 dicembre viene costituita con decreto la Guardia Nazionale Repubblicana ("GNR"), posta al comando di Renato Ricci. In essa confluiscono parte degli effettivi dei Reali Carabinieri (corpo che viene disciolto), della Polizia dell'Africa Italiana e della MSVN (mai ufficialmente disciolta sino a tale data). Inoltre alcune migliaia di reclute italiane sono inviate in Germania per essere addestrate e formare quattro divisioni (Monterosa, San Marco, Littorio e Italia).
Tra l'8 e il 10 gennaio 1944 si tiene il Processo di Verona, nel quale vengono giudicati i gerarchi "traditori" che si erano schierati contro Mussolini il 25 luglio 1943: tra questi, viene condannato a morte il genero del duce, Galeazzo Ciano. Non è noto se Mussolini non avesse voluto salvare la vita al marito di sua figlia (nonché dei suoi ex collaboratori) oppure se non avesse effettivamente potuto influire sui verdetti del tribunale giudicante, data la pesante ingerenza tedesca.
Il 21 aprile il duce si incontra con Hitler a Klessheim, e il 15 luglio si reca in Germania per ispezionare le quattro divisioni italiane che gli ufficiali tedeschi stanno addestrando.Il 20 rivede Hitler per l'ultima volta.
Il 16 dicembre, al Teatro Lirico di Milano,[37] pronuncia il suo primo ed ultimo discorso pubblico dalla costituzione della RSI.
Nell'aprile, sempre più isolato e impotente, dopo che il fronte della Linea Gotica ha ceduto e le forze tedesche in Italia sono ormai in rotta, Mussolini si trasferisce a Milano. Il 25 aprile, ottiene un incontro con il cardinale Ildefonso Schuster, che sta tentando di mediare con il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) la resa delle forze fasciste, nella speranza di evitare ulteriori spargimenti di sangue. Tuttavia l'indecisione di Mussolini e l'intransigenza delle parti rendono impossibile qualsiasi accordo. I tedeschi, poco prima dell'arrivo del duce, fanno sapere al cardinale di non aver più bisogno di lui, avendo essi nel frattempo stretto un patto separato con gli Alleati (all'oscuro di Hitler, ovviamente) e con uomini vicini al CLN. Appresa da Schuster la notizia, Mussolini si sente tradito e definitivamente abbandonato anche dai tedeschi, e lascia precipitosamente l'arcivescovado.
Nonostante il parere contrario di parte del suo seguito, Mussolini decide quindi di lasciare Milano. I motivi della decisione non sono del tutto chiari (nei giorni precedenti si era parlato di un'ultima resistenza nel fantomatico "ridotto della Valtellina"). Vi è chi ritiene che fosse stato concordato un incontro segreto con emissari alleati provenienti dalla Svizzera, ai quali Mussolini si sarebbe dovuto consegnare portando con sé importanti documenti. Alcuni notano che se l'intento fosse stato solo quello della fuga, Mussolini avrebbe potuto utilizzare il trimotore SM79 pronto all'aeroporto di Bresso, alle porte di Milano, con il quale alcuni personaggi minori della RSI e parte della famiglia Petacci ripararono in Spagna il 26 aprile.
Nel tardo pomeriggio del 25 aprile, la colonna di Mussolini parte dalla Prefettura alla volta di Como, per poi proseguire quasi subito verso Menaggio, lungo la sponda occidentale del lago. Mussolini trascorre l'ultima notte da uomo libero pernottando in un albergo del piccolo comune di Grandola, a pochi chilometri dal confine svizzero. Il giorno dopo Mussolini, insieme a pochi fedeli e a Claretta Petacci, che lo aveva frattanto raggiunto, ridiscende verso il lago. Sulla statale Regina si unisce ad una colonna della contraerea tedesca in ritirata e alla colonna di Pavolini, che arrivato a Como in mattinata aveva subito proseguito lungo il lago.
La colonna è fermata una prima volta a Musso, dove Mussolini viene convinto dal tenente SS Birzer, incaricato di custodirlo dal suo comando poco prima della partenza da Gargnano, a nascondersi su un camion della colonna tedesca indossando un cappotto da sottufficiale. Dopo pochi chilometri la colonna viene fermata nuovamente a Dongo da un piccolo gruppo di partigiani della 52a Brigata Garibaldi al comando del conte fiorentino Pier Luigi Bellini delle Stelle, di fede monarchica. Durante la perquisizione Mussolini è riconosciuto dal partigiano "Bill" (Urbano Lazzaro) e arrestato. Viene quindi trattenuto prima a Domaso, nella caserma della Guardia di Finanza, per poi essere trasferito nella notte fra il 27 e il 28 aprile in un casolare di Bonzanigo.
« Qui Radio Milano liberata! »
(Comunicato di Radio Milano, che in seguito annuncerà la cattura e la successiva esecuzione di Benito Mussolini, Claretta Petacci e altri gerarchi fascisti.)
La decisione di giustiziare Mussolini fu presa nell'arco di poche ore, in un contesto in cui era molto difficile poter comunicare con Roma e far riunire il Comitato di Liberazione Nazionale. I partigiani che avevano condotto l'operazione di cattura riuscirono ad informare con mezzi di fortuna (i telefoni di una società idroelettrica) il comando di Milano, che mandò subito un reparto di partigiani appena arrivati dall'Oltrepò Pavese ed alcuni emissari politici (Aldo Lampredi, Pietro Vergani e Walter Audisio). Il ruolo del CLN di Milano nell'esecuzione di Mussolini non è in ogni modo del tutto chiaro, e pare che alcuni membri dello stesso siano stati informati a cose fatte.
In quei giorni era stato comunque emesso un comunicato del CLN[38] nel quale si esprimeva la necessità di una rinascita sociale e politica dell'Italia, attuabile solo attraverso l'uccisione di Mussolini e la distruzione di ogni simbolo del partito fascista. Il documento era a firma di tutti i componenti del CLN (Partito comunista, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, Democrazia del Lavoro, il Partito d'azione, la Democrazia cristiana, il Partito liberale italiano).
L'esecuzione fu eseguita il 28 aprile 1945; secondo la versione ufficiale, Mussolini fu fucilato, assieme a Claretta Petacci, a Giulino di Mezzegra, nei pressi di Dongo. I tempi e i modi dell'esecuzione furono dettati anche dalla volontà di evitare interferenze da parte degli alleati che avrebbero preferito catturare Mussolini e processarlo davanti ad una corte internazionale.
Nel frattempo a Dongo, un altro gruppo del reparto di partigiani delle Brigate Garibaldi sopraggiunti dall'Oltrepò Pavese giustiziava i gerarchi del seguito di Mussolini, tra i quali il filologo Goffredo Coppola (allora rettore dell'università di Bologna), Alessandro Pavolini (segretario del PFR), Nicola Bombacci (che era stato uno dei fondatori del Partito Comunista d'Italia e aveva successivamente aderito alla RSI), il Ministro dell'economia Paolo Zerbino, il Ministro della cultura popolare Ferdinando Mezzasoma, e Marcello Petacci (fratello di Claretta) che si era unito alla colonna a Como.
I cadaveri di Mussolini, della Petacci e degli altri fascisti giustiziati furono poi trasportati a Milano e scaricati in piazzale Loreto, nello stesso luogo dove l'anno precedente erano stati fucilati e lasciati esposti al pubblico per un'intera giornata quindici partigiani (come rappresaglia per un attentato contro un camion tedesco). Sulla piazza una folla tumultuante si andò ingrossando allo spargersi della notizia; alcune persone presero ad insultare i cadaveri, infierendo su di loro con sputi, calci ed altri oltraggi, accanendosi in particolare su Mussolini. Il servizio d'ordine, composto di pochi partigiani e vigili del fuoco, al fine di sottrarre i corpi allo scempio e consentirne la visione da tutta la piazza, decise di appenderli a testa in giù alla pensilina di un distributore di benzina. Ai cadaveri si aggiunse poco dopo quello di Achille Starace, già segretario del PNF ma privo di cariche nella RSI, fermato poco distante e giustiziato sul posto. Dopo alcune ore, i corpi vennero rimossi e portati via su pressione delle autorità militari alleate, preoccupate per la tutela dell'ordine pubblico.[39]
Sulla morte di Mussolini si sono prodotte nel tempo varie congetture e teorie che hanno messo in dubbio molti punti della versione dei fatti fornita dal Colonnello Valerio (Walter Audisio) - il comandante partigiano che ebbe l'incarico di eseguire la decisione del CLN - considerata da alcuni un resoconto inattendibile. Secondo una di queste ipotesi alternative, l'incarico sarebbe stato attuato dal partigiano Bruno Giovanni Lonati, insieme ad un agente segreto britannico che desiderava impossessarsi del misterioso carteggio che il duce aveva avuto con Churchill, compromettente per quest'ultimo. Si spiegherebbe così la presenza di Churchill sul lago di Como subito dopo la guerra. Secondo altre versioni, l'esecuzione avvenne ad opera di importanti dirigenti politici del CLN ai quali Walter Audisio avrebbe fornito la necessaria copertura.
L'uccisione di Mussolini e della Petacci, e la decisione di esporre i corpi al pubblico ludibrio, ricevettero successivamente numerose critiche anche da parte di esponenti della Resistenza antifascista. Lo stesso Ferruccio Parri, capo del CLN, definì la vicenda "uno spettacolo da macelleria messicana". Ancora oggi alcuni interrogativi restano aperti, sulla legittimità dell'accaduto e sulle motivazioni che vi condussero. Non è possibile tuttavia esprimere una valutazione univoca e oggettiva, che non tenga conto delle circostanze e del contesto storico. Il solo dato di fatto che si può osservare è che in Italia non fu celebrato un processo giudiziario nei confronti dei gerarchi fascisti paragonabile a quello tenutosi a Norimberga contro il Nazismo. Un simile processo, pur con tutti i suoi limiti, sarebbe comunque potuto risultare espressione di un giudizio al di sopra delle parti.
Poco dopo la fine della guerra, la salma di Mussolini fu trafugata dal Cimitero di Musocco ad opera di un gruppo di fedeli definitisi "SAM-Squadre d'Azione Mussolini" e capitanati da un certo Domenico Leccisi.[40]
Mussolini aveva due fratelli minori: Arnaldo ed Edvige.
Nel 1915, con rito civile, sposò Rachele Guidi, figlia della nuova compagna di suo padre. Mussolini e Rachele si unirono successivamente con rito cattolico il 28 dicembre 1925.
Rachele e Benito Mussolini ebbero cinque figli: Edda (1910-1995), sposatasi con Galeazzo Ciano il 24 aprile 1930; Vittorio (1916-1997); Bruno (1918-1941), morto il 7 agosto 1941 in un incidente aereo; Romano (1927-2006), noto pianista jazz; e Anna Maria (1929-1968).


Mussolini ebbe molte amanti, le più note sono Margherita Sarfatti, scrittrice e intellettuale che nel 1925 pubblicò in Inghilterra una famosa biografia di Mussolini,[41] Claretta Petacci, che volle condividere con lui la sorte durante gli ultimi giorni della repubblica di Salò e che venne con lui fucilata, e Ida Irene Dalser che sposò solo in chiesa, prima di sposare civilmente Rachele Guidi. Dalla Dalser Mussolini ebbe anche un figlio, Benito Albino, da lui mai riconosciuto.

Onorificenze:

Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata

Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro

Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Militare d'Italia

Ordine di Lāčplēsis

Gli scritti di Mussolini:



Tra gli scritti di Mussolini figurano, in ordine di pubblicazione:
La filosofia della forza (1908)
La santa di Susà (opuscolo da un'intervista raccolta come giornalista e pubblicata il 12 giugno 1909)
Claudia Particella, l'amante del Cardinal Madruzzo (romanzo apparso a puntate su Il Popolo per 57 giorni a partire dal 20 gennaio 1910)
La tragedia di Mayerling (1910) non pubblicato, attinente ai cosiddetti fatti di Mayerling
Il Trentino veduto da un socialista (1911)
L'amante del cardinale (1911)
La mia vita (1911-12)
Giovanni Huss il veridico (1913)
Vita di Arnaldo (1932)
Scritti e discorsi (1914-39, 12 vol.)
Parlo con Bruno (1941)
Pensieri pontini e sardi (1943)
Il tempo del bastone e della carota - Storia di un anno (ottobre 1942 - settembre 1943), Raccolta di articoli apparsi sul Corriere della Sera pubblicata dal medesimo quotidiano come supplemento n. 190 del 9 agosto 1944.
Tra il 1951 e il 1962 la casa editrice La Fenice ha pubblicato l'opera omnia di Mussolini in 35 volumi, a cura di Edoardo e Duilio Susmel.

Cinematografia:



Ne Il grande dittatore di Charlie Chaplin (1940), la parodia di Mussolini è affidata a Jack Oakie, che interpreta Benzino Napaloni, dittatore di Bacteria
Benito Mussolini (1962) Documentario. Di Pasquale Prunas
All'armi siam fascisti (1962) Documentario. Di Lino Del Fra, Lino Miccichè e Cecilia Mangini
Il mio amico Benito (1962) di Giorgio Bianchi. Con Peppino De Filippo
Men of our time: Mussolini (1970) Documentario. Di Alan J. P. Taylor
Il Delitto Matteotti (1973) di Florestano Vancini
Mussolini ultimo atto di Carlo Lizzani con Rod Steiger (1974)
Quando c'era lui...caro lei! (1978) di Giancarlo Santi
Il leone del deserto (1981) di Moustapha Akkad mostra gli orrori commessi dal fascismo in Libia, tanto da essere stato accusato di vilipendio delle forze armate e non è mai stato distribuito in Italia.[42] Mussolini è interpretato da Rod Steiger.
Io e il Duce (1985) di Alberto Negrin
Mussolini: the Untold story (1985) Miniserie. Di William A. Graham
Il giovane Mussolini (in inglese: Benito: the rise and fall of Mussolini) (1993) di Gianluigi Calderone con Antonio Banderas.
Mussolini, Churchill e cartoline (2004) Documentario. Di Villi Hermann
Fascisti su Marte (2007) Corrado Guzzanti

Monumenti:



Il Foro italico di Roma fu fondato da Mussolini col nome di Foro Mussolini
Durante il fascismo venne costruita la città di Mussolinia di Sardegna, attuale Arborea

Curiosità:



Nella chiesa di Notre Dame de la Défense, nel quartiere italiano di Montréal, poco dopo la stipula dei Patti Lateranensi venne realizzato da Guido Nincheri un affresco raffigurante papa Pio XI circondato dai cardinali in compagnia di Mussolini, i suoi gerarchi (tra cui Italo Balbo) e personaggi della cultura e della scienza italiana come Guglielmo Marconi.
Der Mussolini ("il Mussolini") è il titolo di una canzone di grande successo del 1981 dei tedeschi D.A.F.
Nel romanzo Inferno (1976) di Larry Niven e Jerry Pournelle, Mussolini assume un ruolo analogo al Virgilio dantesco: egli guida il protagonista attraverso l'inferno. Al termine del romanzo egli potrà accedere al purgatorio per purificarsi dai peccati.
Ne Il grande dittatore di Charlie Chaplin, la parodia di Mussolini è affidata a Jack Oakie, che interpreta Benzino Napaloni, dittatore di Bacteria.
Il nome per esteso di Milhouse, personaggio de I Simpson, è Milhouse Mussolini Van Houten; il secondo nome è infatti un chiaro riferimento al Duce.


Bibliografia:



Aurelio Lepre. Mussolini l'italiano: il duce nel mito e nella realtà. 2a ed. Milano, Laterza, 1997. ISBN 8804426829
Max Gallo. Vita di Mussolini. Laterza, 1983. ISBN 8842021091
Renzo De Felice. Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920. Einaudi, 1995. ISBN 8806139908
Renzo De Felice. Mussolini il fascista. Einaudi, 1995.
Renzo De Felice. Mussolini l'alleato, 1940-1945. Einaudi.
Luisa Passerini. Mussolini immaginario: storia di un biografia, 1915-1939. 2a ed. Laterza, 1991. ISBN 8842037389
Mimmo Franzinelli. Il duce proibito: le fotografie di Mussolini che gli italiani non hanno mai visto. Milano, Mondadori, 2005. ISBN 8804549793
Romano Mussolini. Il duce, mio padre. Rissoli, 2005. ISBN 8817008486
Arrigo Petacco. L'uomo della provvidenza. Mondadori, 2004. ISBN 88-04-53466-4
Indro Montanelli. L'Italia di Giolitti. Rizzoli. ISBN 881725830X
Indro Montanelli. L'Italia Littoria. Rizzoli.
Indro Montanelli. L'Italia in Camicia Nera. Rizzoli, 1977. ISBN 8817420174
Pierluigi Baima Bollone. Le ultime ore di Mussolini. Milano, Mondadori, 2005. ISBN 8804534877
Pier Luigi Bellini delle Stelle. Dongo: la fine di Mussolini. Milano, Mondadori, 1962.
Paul O'Brien. Mussolini in the First World War. The Journalist, The Soldier, The Fascist. (in Inglese) Oxford, Berg, 2005.
Paul O'Brien. Al capezzale di Mussolini. Ferite e malattie 1917-1945 in Italia Contemporanea (PDF). , marzo 2002. pp. 5-29
Renzo De Felice. Storia del Fascismo. Luce Libero, 2004.
Emilio Gentile. Fascismo. Storia e interpretazione. Laterza, 2002-2005.
Francesca Tacchi Storia Illustrata del Fascismo. 2000. , Giunti.
Flavio Fiorani e Alessandra Minerbi. Storia Illustrata del Nazismo. Giunti, 2002.
Flavio Fiorani. Storia Illustrata del Ventesimo Secolo. Giunti, 2000.
Flavio Fiorani. Storia Illustrata della seconda guerra mondiale. Giunti, 2000.
Benito Mussolini. Scritti e Discorsi. La Fenice, 1983.
Hermann Kinder e Werner Hilgemann. Atlante Storico. Garzanti, 2003.
Antonella Astorri e Patrizia Salvadori. Storia Illustrata della prima guerra mondiale. Giunti, 2002.

Note:



^ Fra i molti, da Renzo De Felice, in diverse opere, e Denis Mack Smith in Mussolini.
^ Storia Illustrata n.271 giugno 1980 pag.6 "La Cattedra che Mussolini non ebbe" di U. Alfassio Grimaldi
^ La relazione sentimentale è stata contestata. È invece riconosciuta presso la maggior parte delle fonti la sua influenza nell'avvicinamento di Mussolini al marxismo.
^ Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Editori Laterza, 2005, ISBN 8842075442.
^ Cit., pagg. 114-144.
^ Cit., pagg. 113-114.
^ I quattro avrebbero poi dato vita al Partito Socialista Riformista.
^ cfr. "Mussolini", di Antonio Spinola. Tesi del tutto simili a quelle di Mussolini, vennero espresse anche da Lenin.
^ Mussolini resterà alla direzione del Popolo d'Italia fino al novembre 1922, quando verrà nominato Presidente del Consiglio.
^ Da cui sarà tratto il libro Il mio diario di guerra.
^ Sebbene alcuni abbiano recentemente sostenuto ipotesi differenti sulle cause del congedo, attribuendolo a condizioni generali di salute non buone legate a malattie infettive, la presenza di tali patologie è stata negata dal referto autoptico relativo al cadavere di Mussolini.
^ In quella data viene stipulato un trattato di commercio e navigazione, nonché una convenzione doganale.
^ Così chiamata in richiamo alla secessione della plebe ai tempi della res publica romana.
^ Regio decreto 6 novembre 1926, n. 1848.
^ Legge 25 novembre 1926, n. 2008.
^ Re, regina, reggente, principe ereditario e primo ministro.
^ Nel momento dell'uccisione di Dollfuss, la moglie ed i figli erano ospiti di Mussolini presso una sua residenza balneare.
^ A tale accordo si fa riferimento in Langer, William L. (a cura di) An Encyclopaedia of World History, Houghton Mifflin Company, Boston, 1948, pag. 990.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 192.
^ Ministero per la Guerra, Relazione dell'attività svolta per l'esigenza A.O., Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1936, allegato n. 76.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 193.
^ Per un quadro completo quadro sull'uso sistematico delle armi chimiche durante il periodo 1935-1940 sul fronte Etiopico si veda Angelo Del Boca, I gas id Mussolini, Il fascismo e la guerra d'Etiopia, Editori Riuniti, Roma, 1996.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 194.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 194-195.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 196.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 196-197.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 197.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 197-198.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 198-200.
^ Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005, ISBN 88-545-0013-5, pag. 200-201 e 205-224

A Trieste operarono alcuni dei principali responsabili della cosidetta "Aktion Reinhardt", l'operazione che aveva portato allo sterminio di milioni di ebrei deportati nei campi della Polonia Orientale. Comandante delle SS e della SD nel settore adriatico (e quindi anche incaricato della caccia agli ebrei) era il generale delle SS Odilo Globocnik, già comandante del settore di Lublino e quindi responsabile dei campi di Belzec, Majdanek, Sobibor e Treblinka); a Trieste operavano con lui Franz Stangl, già comandante di Treblinka, e Christian Wirth uno degli ideatori delle camere a gas, poi ucciso dai partigiani.
^ Occupazione ed amministrazione di Corsica, Tunisia, Somalia francese e del territorio francese sino al Rodano, concessione di basi militari a Orano, Algeri e Casablanca, consegna della flotta e dell'armata aerea, denuncia dell'alleanza col Regno Unito.
^ Dalle colonie inglesi, ed in particolar modo dall'India, giungono migliaia di soldati, che non era stato possibile mobilitare precedentemente.
^ Già a Capo Spada viene affondato un incrociatore italiano (19 luglio) e l'11 novembre 1940 alcune navi italiane sono affondate da un attacco aereo nel porto di Taranto. L'ultimo scontro di rilievo si ha a Capo Matapan, il 28 marzo 1941, una delle più gravi sconfitte nella storia della Marina
^ Il Teatro Lirico aveva assunta la funzione della Scala, gravemente colpita dai bombardamenti alleati.
^ Che a seguito dell'armistizio aveva per decreto luogotenenziale assunto tutti i poteri costituzionali.
^ Fra i molti testimoni, era presente anche il giornalista Indro Montanelli.
^ Ex multis, recentemente, Pasquale Chessa "Guerra civile 1943-1945-1948, e portata il 23 april 1946 a Madesimo, dove venva sepulta a u luogo sconosciuto. Dopo la restituzione 1956 alla famiglia, la salma fu traslata nella cappella di Predappio.



Pensiero politico:



Nel 1932, presumibilmente insieme a Giovanni Gentile (o comunque sotto la sua influenza), Mussolini scrisse la voce fascismo per l'enciclopedia Treccani, in cui precisava la dottrina del suo partito.
Giovanni Gentile, definito «il teorico del fascismo» con Mussolini ammise che non vi fu un principio ispiratore preciso che portò alla nascita del movimento, che originò da un bisogno d'azione e fu azione. Proprio per questo motivo, durante tutto il ventennio, il Fascismo si caratterizzò per la coesistenza al suo interno d'istanze e correnti di pensiero minoritarie fortemente differenti e apparentemente poco conciliabili tra loro.
Emblematico, da questo punto di vista, è il programma di San Sepolcro, col quale il movimento dei Fasci di Combattimento si presentò alle elezioni del 1919. In esso erano espresse proposte fortemente progressiste, molte delle quali furono poi man mano abbandonate dal movimento entro l'ottobre 1922 (tra queste l'originale carattere antimonarchico e anticlericale del fascismo, che avrebbe pregiudicato ogni compromesso con la monarchia italiana e col clero), per essere poi riaffermate, anche se prevalentemente solo a livello propagandistico, dal Partito Fascista Repubblicano. Il fascismo sansepolcrista chiese la concessione del suffragio universale, una riforma elettorale in senso proporzionale, la riduzione dell'età di voto a 18 anni e dell'orario di lavoro a otto ore giornaliere, i salari minimi garantiti, la gestione statale (o meglio da parte di cooperative di lavoratori) dei servizi pubblici, la progressività della tassazione, la nazionalizzazione delle fabbriche d'armi, l'eliminazione della nomina regia del Senato e la convocazione di un'assemblea che permettesse ai cittadini di scegliere se l'Italia dovesse essere una monarchia o una repubblica.
Riprendendo quanto accennato sopra, la nota dominante del pensiero mussoliniano fu l'attivismo (questo fu uno dei principali motivi per i quali il fascismo esaltò l'intraprendenza e la vitalità della gioventù - facendo di "Giovinezza" il proprio inno - e l'idea di un uomo agonisticamente attivo e preparato): non conta ciò che si è fatto, ma ciò che vi è ancora da fare.
A tal proposito, le principali ambizioni del fascismo furono:
la rifondazione dell'Impero romano, attraverso una politica aggressiva di potenza (la guerra è «positiva» perché «imprime un sigillo di nobiltà al popolo che l'affronta»), per mezzo della quale l'Italia avrebbe dovuto assurgere al ruolo di guida e modello per le altre nazioni a livello politico, economico, spirituale. A tal scopo si insistette sulla necessità di un esercito forte e ben strutturato (pur non riuscendo a raggiungere in tal senso alcun risultato concreto).
la creazione di un «italiano nuovo», eroico, dotato di senso di appartenenza alla nazione, in grado con la propria azione di forgiare la storia, inserito in uno Stato che ne riassume le aspirazioni. Ciò si sarebbe dovuto realizzare attraverso il completo superamento dell'individualismo e della connessa concezione individualista della libertà: l'individuo deve esplicare la propria libertà non in modo egoistico, in una prospettiva concorrenziale cogli altri soggetti, ma in modo ordinato e disciplinato, concependosi come parte di una collettività (la nazione italiana incarnata dallo stato fascista) indirizzata verso un fine comune e non divisa dall'odio classista (fu abbandonato il concetto socialista di «lotta di classe»). A tal fine, si affermò la necessità di rinsaldare il sentimento di appartenenza nazionale attraverso l'esaltazione dello spirito patriottico italiano e della storia italiana. In tale contesto ideologico, lo Stato venne hegelianamente concepito come etico, ovvero fu inteso come fine e non come mezzo. Dunque, l'interesse dello stato prevale su quello dei singoli in nome del raggiungimento del bene comune ed esso ha una propria missione e consapevolezza: esaltare l'essenza nazionale. Il fascismo si doveva esaurire non nello Stato fascista, ma nello Stato di tutti gli italiani.
Emerge quindi come il fascismo si sia caratterizzato, nella sua concreta realizzazione storica, come un movimento autoritario, nazionalista e antidemocratico (nel 1931 Mussolini esplicitò il proprio rifiuto della democrazia, definendo la disuguaglianza come «feconda e benefica»).
Da ultimo, risulta importante sottolineare come il fascismo fu sempre considerato dai suoi aderenti un movimento rivoluzionario, trasgressivo e ribelle (emblematico in tal senso il motto «me ne frego») in radicale contrasto col liberalismo dell'Italia pre-fascista. Pur avendo all'inizio tutelato gli interessi della borghesia industriale, Mussolini respinse ogni ipotesi di collusione con essa. Egli riassunse così il bilancio della sua esperienza politica: {{quoteMutevolissimo è lo spirito degli italiani. Quando io non ci sarò più, sono sicuro che gli storici e gli psicologi si chiederanno come un uomo abbia potuto trascinarsi dietro per vent'anni un popolo come l'italiano. Se non avessi fatto altro basterebbe questo capolavoro per non essere seppellito nell'oblio. Altri forse potrà dominare col ferro e col fuoco, non col consenso come ho fatto io. La mia dittatura è stata assai più lieve che non certe democrazie in cui imperano le plutocrazie. Il fascismo ha avuto più morti dei suoi avversari e il 25 luglio al confino non c'erano più di trenta persone.
Quando si scrive che noi siamo la guardia bianca della borghesia, si afferma la più spudorata delle menzogne. Io ho difeso, e lo affermo con piena coscienza, il progresso dei lavoratori. Tra le cause principali del tracollo del fascismo io pongo la lotta sorda ed implacabile di taluni gruppi industriali e finanziari, che nel loro folle egoismo temevano ed odiano il fascismo come il peggior nemico dei loro inumani interessi. Devo dire per ragioni di giustizia che il capitale italiano, quello legittimo, che si regge con la capacità delle sue imprese, ha sempre compreso le esigenze sociali, anche quando doveva allungare il collo per far fronte ai nuovi patti di lavoro. L'umile gente del lavoro mi ha sempre amato e mi ama ancora.




Nessun commento:

ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!