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sabato 26 aprile 2008

Pol Pot...chi era in breve l'uomo forte del Comunismo Camboggiano...il "massacratore" dei Camboggiani!

"La Repubblica.it"


In Italia non se ne sa molto, e può sembrare una provocazione - a chi non si rassegna a fare i conti con la storia - ricordare gli orrori delle degenerazioni del giacobinismo rivoluzionario in salsa comunista.
Anche per questo, vale forse la pena di un promemoria, appena accennato: anche per le pagine nere della sinistra vale il "non dimenticare".



(16 aprile 1998)




Prima intervista dopo 18 anni dell'ex leader cambogiano: "I morti sono stati solo poche centinaia di migliaia!"




Nell'incontro con il giornalista americano Nate Thayer ha riconosciuto "qualche errore". Ma ha anche giustificatoi massacri dei Khmer Rossi: "Non avevamo altra scelta!"



di ANTONIO SCUTERI




Quanto pesano sulla coscienza di un uomo due milioni di morti? Niente, se la coscienza è quella di Pol Pot. Almeno a dar retta a quanto lui stesso dichiara nella prima intervista rilasciata da 18 anni a questa parte. L'ex dittatore non è pentito, non avverte alcun rimorso per il genocidio ordinato durante il regime comunista dei Khmer Rossi da lui guidato tra il '75 e il '79."Io ero venuto per portare a compimento la lotta, non per uccidere la gente. Anche adesso, può vederlo. Sono forse una persona selvaggia? La mia coscienza è pulita", ha detto Pol Pot al giornalista statunitense Nate Thayer, corrispondente della "Far Eastern Economic Review" di Hong Kong, che lo ha incontrato as Anlong Veng, ultima roccaforte dei Khmer nel nord del paese asiatico.L'ex leader maoista, 69 anni, è "molto malato, forse prossimo alla morte", scrive Thayer, che già in luglio assieme al cameraman David McKaige era stato il primo straniero a vedere Pol Pot dopo la sua fuga nel '79 a seguito dell'invasione vietnamita della Cambogia.Inseguendo il disegno di trasformare il Paese in un paradiso agrario comunista "il nostro movimento ha commesso errori", ha riconosciuto Pol Pol, ma ha subito aggiunto: "Non avevamo altra scelta. Naturalmente dovevamo difenderci. I vietnamiti volevano assassinarmi perché sapevano che senza di me avrebbero potuto facilmente fagocitare la Cambogia".
L'ex comandante dei Khmer Rossi contesta le cifre dei massacri consumati nei campi di sterminio durante il suo governo. "Dire che milioni di persone morirono è troppo. Gran parte dei cambogiani di cui si attribuisce la morte a me sono stati in realtà uccisi dai vietnamiti", ha dichiarato Pol Pot. Il generale Ta Mok, sopranominato "il macellaio" per la ferocia dimostrata nella repressione durante il regime e pochi mesi fa ribellatosi contro Pol Pot, pure intervistato da Thayer ha concordato con il vecchio capo e ha sostenuto che le vittime non furono due milioni ma "centinaia di migliaia".Nell'intervista, Pol Pot parla anche dell'ultima feroce strage da lui ordinata, quella del suo parente ed ex ministro della Difesa dei Khmer rossi, Son Sen, accusato di tradimento e trucidato il 10 giugno scorso con i suoi 14 familiari, compresi i bambini. Ed è qui che l'anziano ex leader cambogiano ha mostrato l'unico segno di rimorso: "Non avevo dato l'ordine di uccidere quella gente, i bambini, i giovani. Per Son Sen e la sua famiglia, sì, sono addolorato. E' stato un errore mettere in atto quel piano", ha detto al microfono di Thayer.Pol Pot era rimasto alla guida dei Khmer rossi, che nel folto della giungla hanno continuato la guerriglia contro il governo, ma dopo l'eccidio di Son Sen e la sua famiglia è stato deposto da Ta Mok, arrestato, processato e condannato all'ergastolo. Vive in una capanna, con la moglie e una figlia di 12 anni. I Khmer rossi avevano avviato un trattativa con le autorità per consegnare Pol Pot in cambio di un'amnistia generale, ma l'accordo che pareva quasi fatto è finito nel nulla a causa del colpo di Stato con cui il 5 luglio il primo ministro ex comunista Hun Sen ha rovesciato l'altro premier, il monarchico Norodom Ranariddh, figlio di re Sihanouk. Dopo il golpe, i guerriglieri Khmer rossi si sono schierati a fianco delle milizie fedeli a Ranariddh, raggruppatesi nel nord del Paese sotto la pressione militare delle più numerose e armate truppe di Hun Sen.



(22 ottobre 1997)




Pol Pot Pseudonimo di Saloth Sar (provincia di Kompong Thom 1925 - confine con la Thailandia 1998), uomo politico cambogiano. Fondatore del Partito comunista cambogiano, nel 1963 organizzò le formazioni guerrigliere dei Khmer Rossi, per opporsi in seguito al governo filoamericano instaurato da Lon Nol (1970). Deposto Lon Nol nel 1975 e divenuto primo ministro, avviò un progetto di "rieducazione" della popolazione cambogiana, che prevedeva la sua deportazione in massa nelle campagne e il lavoro forzato nei campi. Nei tre anni successivi, il suo regime dittatoriale provocò la morte di quasi quattro milioni di persone, sfinite da un lavoro massacrante, dalle malattie e dalla fame, o uccise durante le repressioni .
Deposto nel gennaio 1979 dai vietnamiti che avevano invaso la Cambogia, Pol Pot riuscì a mantenere il controllo di alcune regioni del paese e a condurre sanguinose azioni di guerriglia contro il regime. Lasciato ufficialmente il comando dei Khmer Rossi nel 1985, continuò a vivere in clandestinità facendo perdere le sue tracce. Nel 1996 alcune fonti annunciarono la sua morte, ma il dittatore fece la sua ricomparsa nel 1997, quando venne usato dai guerriglieri khmer come merce di scambio con il nuovo regime, da essi ora appoggiato. Ricercato per essere sottoposto al giudizio di un tribunale internazionale per crimini contro l'umanità, nell'aprile del 1998 fonti cambogiane diedero notizia della sua morte, avvenuta in una località della giungla ai confini con la Thailandia, dove Pol Pot era tenuto prigioniero dai suoi ex seguaci.
Khmer Rossi Movimento rivoluzionario fondato in Cambogia nel 1963 da Pol Pot, inizialmente in opposizione al governo del principe regnante Norodom Sihanouk. I contendenti si allearono nel 1970, quando un colpo di stato portò al potere il governo filostatunitense di Lon Nol. Deposto Lon Nol nel 1975, Pol Pot venne nominato primo ministro (1976), dando vita a un regime di terrore inteso a rifondare l'intera società cambogiana su base comunista e contadina: le popolazioni delle città furono deportate nelle campagne, furono abolite la moneta e la proprietà, vietata la libera circolazione delle persone, soppressa l'educazione scolastica, se non quella impartita nei "campi di rieducazione" dove circa quattro milioni di persone (il 25% della popolazione) persero la vita.
Il crescere dei contrasti con il vicino Vietnam riunito sfociò nell'invasione della Cambogia nel 1977 da parte delle forze vietnamite, con i khmer rossi costretti a rifugiarsi nella regione di confine con la Thailandia. Il ritiro degli occupanti dieci anni dopo non riportò la pace, poiché Pol Pot, rifiutando di riconoscere i governi di ricostruzione nazionale allora formatisi, continuò con i suoi uomini a praticare una guerriglia finalizzata alla piena riconquista del potere.
Nemmeno gli sforzi delle forze di pace statunitensi inviate in Cambogia per tentare un inserimento dei khmer nel sistema politico cambogiano in occasione delle elezioni del 1993 ebbero successo, e i guerriglieri continuarono a combattere il governo legittimo, mantenendo sotto il proprio controllo il 10% del territorio nazionale, sebbene a partire dal 1994 fossero avviate trattative per una pacificazione che culminarono con l'amnistia concessa dal re nel settembre del 1996. Vari gruppi khmer già nel corso del 1997 accettarono di uscire dalla clandestinità per prendere parte attiva alla realtà politica del paese, rinnegando l'autorità di Pol Pot.




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ITALIA-CINA

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