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venerdì 25 aprile 2008

Lavrentij Pavlovič Berija...chi era il famigerato capo del KGB Staliniano!

Lavrentij Pavlovič Berija (in russo Лаврентий Павлович Берия [?]) (Sukhumi, 29 marzo 1899Mosca, 23 dicembre 1953) è stato un politico sovietico e il capo della polizia segreta sovietica sotto Stalin.
Dopo la morte del dittatore venne fisicamente liquidato durante una drammatica e misteriosa riunione del Comitato Centrale del PCUS. Tutti gli altri capi (da Nikita Khruščёv a Vjačeslav Molotov) furono d'accordo nel decretarne la fine. Berija divenne così il capro espiatorio dei crimini commessi dalla classe dirigente sovietica durante il periodo staliniano.
Circa la sua morte, annunciata alla fine del dicembre 1953, di sicuro si sa che avvenne senza un processo pubblico. Nel 1961, comunisti polacchi rivelarono che Berija venne in realtà ucciso freddamente nel corso di una drammatica seduta del Comitato Centrale del PCUS. Tale versione sarebbe stata diffusa dallo stesso Khruščёv. Comunque, con la morte di Stalin, il potente capo della polizia segreta era un ostacolo per chiunque volesse afferrare tutto il potere.
La figlia di Stalin, Svetlana, nel suo libro di memorie pubblicato dopo la sua fuga negli Stati Uniti, dipinge Berija come l'anima nera del dittatore sovietico, cinico e crudele esecutore e suggeritore di molte persecuzioni e delitti.
A suo merito va ricordata un'impresa di portata e dimensioni colossali: il trasferimento in Siberia di tutta l'industria bellica sovietica - attuata, pare, con l'ampio sfruttamento di lavoro forzato - che salvò l'Unione Sovietica dall'avanzata tedesca e fu un fattore determinante della vittoria.
Berija naque da una famiglia di contadini di Merkheuli, presso Sukhumi in Abkhazia, una regione della Georgia. Studiò alla scuola tecnica di Sukhumi e si iscrisse al Partito Bolscevico nel marzo 1917, quando era studente di ingegneria a Baku. Alcune fonti affermano che questa fosse una montatura successiva e che, in realtà, Berija non si fosse iscritto prima del 1919. Si racconta anche che, in quegli anni, Berija prima si arruolò e poi disertò dall'Armata Rossa, ma neppure questa informazione si è potuto verificare.
Nel 1920 o 1921 (a seconda delle fonti), Berija entrò nella Vecheka (Commissione Straordinaria di tutte le Russie, per Combattere la Controrivoluzione e il Sabotaggio), l'originale polizia politica bolscevica. A quell'epoca, una rivolta bolscevica, appoggiata dall'Armata Rossa, si svolse nella menscevica Repubblica Democratica di Georgia, e la Vecheka venne pesantemente coinvolta in questo conflitto. Nel 1922, Berija era già vice-capo in Georgia dell'organismo che ereditò le funzioni della Vecheka, l'OGPU (Direttorato Politico Combinato di Stato). Alcune fonti sostengono che Berija fosse all'epoca un agente dello spionaggio britannico o turco, ma ciò non è mai stato dimostrato.
Berija, in quanto georgiano, fu uno dei primi alleati di Josif Stalin nella sua scalata al potere all'interno del Partito Comunista e del regime sovietico. Nel 1924 guidò la repressione dei sommovimenti nazionalistici a Tbilisi, in seguito ai quali si disse che fino a 5.000 persone vennero giustiziate. Per questo sfoggio di "crudeltà bolscevica", Berija venne nominato capo della "divisione politica segreta" dell'OGPU della Transcaucasia e gli venne conferito l'Ordine della Bandiera Rossa. Nel 1926, divenne il capo dell'OGPU georgiano. Venne nominato segretario di partito in Georgia nel 1931 e per l'intera regione transcaucasica nel 1932. Divenne membro del Comitato Centrale del Partito Comunista nel 1934. Anche dopo essersi trasferito dalla Georgia, continuò a controllare effettivamente il Partito Comunista della repubblica, fino a quando venne epurato nel luglio 1953.
Nel 1935 Berija era uno dei sottoposti più fidati di Stalin. Cementò la sua posizione nell'entourage di Stalin con una lunga orazione Sulla storia delle organizzazioni bolsceviche in Transcaucasia (successivamente pubblicata come libro), la quale riscriveva la storia del bolscevismo transcaucasico per mostrare che Stalin ne era stato l'unico leader fin dall'inizio. Quando nel 1934 iniziarono le purghe di Stalin nel Partito Comunista e nel governo (con, ad esempio, l'assassinio di Sergej Kirov), Berija condusse le purghe in Transcaucasia, sfruttando l'opportunità per saldare molti conti in sospeso nelle politicamente turbolente repubbliche transcaucasiche. Nel giugno 1937 disse in un discorso: "lasciate che i nostri nemici sappiano che chiunque tenti di sollevare una mano contro il nostro popolo, contro il volere del partito di Lenin e Stalin, verrà schiacciato e distrutto senza pietà".


Nell'Agosto 1938 Stalin chiamò Berija a Mosca a presiedere il Commissariato del Popolo per gli Affari Interni (NKVD), il ministero che supervisionava la sicurezza dello stato e le forze di polizia.
Guidato da Nikolaj Ežov, l'NKVD portò avanti le persecuzioni dei percepiti nemici dello stato, note come Grande Purga, che colpirono milioni di persone. Nel 1938, comunque, le epurazioni erano diventate così estese da danneggiare l'infrastruttura stessa dello stato sovietico, la sua economia e le forze armate, tanto che Stalin decise di mettervi fine. In settembre Beria venne nominato capo dell'Amministrazione Principale della Sicurezza di Stato (GUGB) dell'NKVD, e in novembre successe a Ežov come capo dell'NKVD (mentre Ežov venne giustiziato nel 1940). L'NKVD stessa fu epurata, con metà del personale che venne rimosso e rimpiazzato con elementi leali a Berija, molti dei quali provenienti dal Caucaso.


Il nome di Berija divenne strettamente legato alla Grande Purga, ma in realtà presiedette l'NKVD durante un periodo in cui la repressione si stava allentando. Oltre 100.000 persone vennero rilasciate dai campi di lavoro e venne ufficialmente ammesso che si erano verificate alcune ingiustizie ed "eccessi" durante le purghe, che vennero addossate a Ežov. Ciononostante, questa distensione fu relativa: arresti ed esecuzioni continuarono e nel 1940, con l'avvicinarsi della guerra, il ritmo delle purghe accelerò nuovamente. Durante questo periodo, Berija supervisionò le deportazioni di popolazione dalla Polonia e dagli Stati Baltici, a seguito dell'occupazione da parte delle forze sovietiche. Nel marzo 1940, Berija preparò l'ordine per l'esecuzione di 25.700 intellettuali polacchi, compresi 14.700 prigionieri di guerra, nel bosco di Katyn, vicino a Smolensk, e in altri due siti di esecuzioni di massa.
Nel marzo 1939, Berija divenne un candidato membro del Politburo del Partito Comunista. Anche se non divenne un membro a pieno titolo fino al 1946, era già uno dei capi più importanti dello stato sovietico. Nel 1941 Berija divenne Commissario Generale per la Sicurezza di Stato, un alto grado di stampo militare, nella gerarchia della polizia sovietica dell'epoca.
Nel febbraio 1941, Berija divenne Vice Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo (Sovnarkom), e in giugno, quando la Germania Nazista invase l'unione Sovietica, fu fatto membro del Comitato di Difesa dello Stato (GKO). Durante la II guerra mondiale, si accollò grandi responsabilità interne, usando i milioni di persone imprigionati nel campi di lavoro dell'NKVD per la produzione bellica. Prese il controllo della produzione di armamenti e (assieme a Georgij Malenkov) anche della produzione di aerei e motori per l'aviazione. Questo fu l'inizio dell'alleanza di Berija con Malenkov, che in seguito divenne di importanza fondamentale.
Nel 1944, mentre i tedeschi venivano scacciati dal suolo sovietico, Berija era incaricato del rapimento delle varie minoranze etniche accusate di collaborazione con l'invasore, tra cui 500.000 tra Ceceni, Ingusceti, Tartari della Crimea e Tedeschi del Volga. Tutti questi vennero deportati nell'Asia Centrale sovietica: nel viaggio, oltre 10.000 persone morirono di fame, di tifo e, in genere, per condizioni di viaggio molto al di là delle possibilità umane di resistenza fisica.[1]
Nel dicembre 1944, Berija venne incaricato anche della supervisione del progetto atomico sovietico. In questo caso condusse una riuscita campagna di spionaggio contro il programma di armamento atomico statunitense, grazie alla quale i sovietici ottennero la tecnologia sufficiente a costruire e provare una bomba nel 1949.
Nel luglio 1945, quando i gradi della polizia sovietica vennero convertiti ad un sistema militare uniforme, il grado di Berija divenne quello di Maresciallo dell'Unione Sovietica. Benché non avesse mai retto un comando militare, Berija, tramite la sua organizzazione della produzione bellica, diede un importante contributo alla vittoria sovietica nella seconda guerra mondiale.


Con Stalin vicino ai 70 anni, gli anni del dopoguerra furono dominati da una lotta sotterranea per la successione tra i suoi luogotenenti. Alla fine della guerra il successore più probabile sembrava essere Andrej Aleksandrovič Ždanov, leader del partito a Leningrado durante il conflitto e incaricato di tutte le questioni culturali dal 1946. Anche durante la guerra Berija e Ždanov erano stati rivali: dopo il 1946 Berija formò un'alleanza con Malenkov per bloccare l'ascesa di Ždanov.
Nel gennaio 1946, Berija lasciò il posto di capo dell'NKVD (che venne subito rinominato MVD), mantenendo però il controllo sulle questioni di sicurezza nazionale grazie all'incarico di vice primo ministro, sotto Stalin. Il nuovo capo, Sergej Kruglov, non era un protetto di Berija. Inoltre, nell'estate del 1946, Vsevolod Merkulov, fedele di Berija, venne sostituito da Viktor Abakumov come capo dell'MGB. Kruglov e Abakumov si mossero speditamente per sostituire la leadership dell'apparato di sicurezza con nuove persone non appartenenti alla cerchia interna di Berija, tanto che molto presto il vice ministro dell'MVD Stepan Mamulov ne restava l'unico rappresentante al di fuori dei servizi segreti esteri, sui quali Berija manteneva una salda presa. Nei mesi successivi Abakumov iniziò a svolgere importanti operazioni senza consultare Berija, spesso lavorando in tandem con Ždanov, e talvolta su ordine diretto di Stalin. Alcuni osservatori sostengono che queste operazioni erano indirizzate (tangenzialmente all'inizio, ma poi sempre più direttamente) contro Berija.
Nel contesto del crescente anti-semitismo di Stalin, una delle prime di tali mosse fu la questione del Comitato Antifascista Ebraico, che cominciò nell'ottobre del 1946 e portò all'assassinio di Solomon Mikhoels e all'arresto di altri membri. Il motivo per cui questa campagna si rifletté negativamente su Berija fu che non solo egli si era fatto promotore della creazione del comitato nel 1942, ma che il suo entourage personale comprendeva un numero sostanzioso di ebrei.
Ždanov morì improvvisamente nell'agosto del 1948 e Berija e Malenkov si mossero per consolidare il loro potere con una epurazione degli associati a Ždanov, nota come "Affare Leningrado". Tra le oltre 2.000 persone giustiziate c'erano il vice di Ždanov, Aleksei Kuznetsov, il capo economico Nikolai Voznesensky, il capo del partito a Leningrado Pyotr Popkov e il primo ministro della repubblica russa, Mikhail Rodionov. Fu solo dopo la morte di Ždanov che Nikita Khruščёv iniziò a considerare una possibile alternativa all'asse Berija-Malenkov.
La morte di Ždanov comunque non fermò le campagne antisemite. Durante gli anni del dopoguerra, Berija supervisionò la fondazione dei sistemi di polizia segreta in stile sovietico, scegliendone personalmente i capi, nelle nazioni dell'Europa Orientale. Ancora una volta, un sostanzioso numero di questi capi erano ebrei. A partire dal 1948, Abakumov iniziò varie investigazioni contro questi capi, che culminarono con l'arresto a Praga, nel novembre del 1951, di Rudolf Slánský, Bedřich Geminder e altri, genericamente accusati di sionismo e cosmopolitanismo, ma più in particolare di aver usato la Cecoslovacchia per incanalare armi verso Israele. Dal punto di vista di Berija, questa accusa risultava esplosiva, perché il massiccio aiuto a Israele venne fornito su suo ordine diretto. Complessivamente, quattordici leader cecoslovacchi, undici dei quali ebrei, vennero processati, condannati e giustiziati a Praga.[2] Indagini simili erano avvenute contemporaneamente in Polonia e in altri paesi satelliti dell'URSS.
All'incirca in quel periodo, Abakumov venne sostituito da Semyon Ignatiev, che intensificò ulteriormente la campagna anti-semita. Il 13 gennaio 1953, il più grande affaire antisemita nell'Unione Sovietica (che in seguito divenne noto come il Complotto dei Dottori) prese il via con un articolo sulla Pravda. Diversi importanti dottori ebrei del paese vennero accusati di aver avvelenato i principali capi sovietici e arrestati. Contemporaneamente, un'isterica campagna di propaganda antisemita si diffuse nei mass-media. In tutto, trentasette dottori (la maggior parte ebrei) vennero arrestati, e l'MGB, su ordine di Stalin, iniziò a preparare la deportazione dell'intera popolazione ebraica nell'estremo oriente russo.
Giorni dopo la morte di Stalin, Berija liberò tutti i dottori arrestati, annunciò che l'intera questione era una montatura e fece arrestare i funzionari dell'MGB direttamente coinvolti.


Il 5 marzo 1953 Stalin morì, quattro giorni dopo essere collassato durante la notte seguente a una cena con Berija e altri esponenti sovietici. Le memorie politiche del ministro degli esteri Vjačeslav Molotov, pubblicate nel 1993, sostengono che Berija si vantò con lui di aver avvelenato Stalin, anche se nessuna prova valida è stata prodotta per supportare questa affermazione. Esistono comunque prove del fatto che per molte ore dopo che Stalin venne trovato privo di sensi Berija gli negò soccorso medico, sostenendo che Stalin stava "dormendo". È possibile che tutti i leader sovietici concordarono di lasciare che Stalin, che tutti quanti temevano, morisse. Secondo alcune voci la morte di Stalin sarebbe quindi da attribuire allo stesso Berija, che al fine di acquisire ulteriori poteri, avrebbe avvelenato il capo dell'Unione Sovietica per mezzo di una iniezione di cianuro. Lo stesso Berija si sarebbe vantato in seguito del grave delitto commesso.
Dopo la morte di Stalin, Berija venne nominato Primo Vice Primo Ministro e nuovamente nominato capo dell'MVD. Il suo stretto alleato Malenkov divenne il nuovo Primo Ministro e fu inizialmente il più potente uomo della leadership del dopo Stalin. Berija veniva subito dopo e, data l'assenza di reali qualità di leadership da parte di Malenkov, era in condizione di diventare il vero capo. Khruščёv divenne segretario del partito, incarico ritenuto meno importante di quello di primo ministro.
Nonostante il passato di Berija come uno dei più spietati scagnozzi di Stalin, alla morte del "Grande Aratore" si pose in prima fila nella liberalizzazione che seguì. Berija denunciò pubblicamente il Complotto dei Dottori come una "frode", investigò e risolse l'assassinio di Solomon Mikhoels e rilasciò oltre un milione di prigionieri politici dai campi di lavoro. In aprile firmò un decreto che metteva al bando l'uso della tortura nelle prigioni sovietiche. Segnalò inoltre una politica più liberale nei confronti delle persone di nazionalità non russa nell'Unione Sovietica. Persuase il Praesidium (così era stato ribattezzato il Politburo) e il consiglio dei ministri a spingere il regime comunista della Germania Est verso riforme politiche ed economiche liberali. Berija manovrò per marginalizzare il ruolo dell'apparato di partito nel processo decisionale in materia politica ed economica.
Alcuni storici hanno sostenuto che le politiche liberali di Berija, successiva alla morte di Stalin, furono una tattica per aiutare la sua scalata al potere: anche fosse stato sincero, il passato di Berija gli avrebbe reso impossibile la guida di un regime liberalizzante in Unione Sovietica, un ruolo che in seguito toccò a Nikita Khruščёv. Il compito essenziale dei riformatori sovietici fu di portare la polizia segreta sotto il controllo del partito e Berija non poteva fare ciò, dato che la polizia era alla base del suo potere. Altri hanno sostenuto che egli rappresentò un programma realmente riformista, e che la sua rimozione dal potere ritardò una radicale riforma politica ed economica in Unione Sovietica di quasi quarant'anni.
Dato il suo passato, non c'è da sorprendersi che gli altri capi del partito fossero sospettosi dei motivi che spingevano Berija. L'alleanza tra Berija e Malenkov fu contrastata da Khruščёv, ma egli non fu inizialmente in grado di sfidare tale asse. L'opportunità venne nel giugno 1953 quando a Berlino Est scoppiarono delle dimostrazioni contro il regime della Germania Est.[3] C'era il sospetto che il pratico Berija fosse disposto a barattare la riunificazione della Germania e la fine della Guerra Fredda in cambio di massicci aiuti da parte degli Stati Uniti, come quelli che l'URSS aveva ricevuto durante la seconda guerra mondiale. Le dimostrazioni in Germania Est convinsero Molotov, Malenkov e Nikolaj Bulganin che le politiche di Berija erano pericolose e destabilizzanti per il potere sovietico. Pochi giorni dopo gli eventi tedeschi, Khruščёv persuase gli altri capi ad appoggiare un colpo del partito contro Berija. Lo stesso suo principale alleato, Malenkov, aveva rapidamente deciso di abbandonarlo.


I resoconti sulla caduta di Berija variano notevolmente. Secondo quelli più recenti, Khruščёv indisse un incontro del Praesidium il 26 giugno, dove lanciò un attacco contro Berija, accusandolo di essere sul libro paga dei servizi segreti britannici. Berija fu colto completamente di sorpresa. Chiese: "Cosa succede, Nikita Sergeevič?" Molotov e altri parlarono anch'essi contro Berija e Khruščёv mise ai voti una mozione per la sua istantanea rimozione. Malenkov allora premette un bottone sul suo seggio come segnale concordato al Maresciallo Georgij Žukov e a un gruppo di ufficiali armati che attendevano in sua stanza vicina. Essi fecero irruzione immediatamente ed arrestarono Berija. Alcuni resoconti dicono che Berija venne ucciso sul posto, ma ciò non sembra corretto.
Berija venne portato prima alla Prigione di Lefortovo e quindi al quartier generale del generale Kirill Moskalenko, comandante della difesa aerea del distretto di Mosca e amico di Khruščёv dal tempo di guerra. L'arresto venne tenuto segreto fino a quando furono arrestati anche i principali luogotenenti di Berija. Le truppe dell'NKVD a Mosca, che erano state sotto il comando diretto di Berija, vennero disarmate da reparti blindati e motorizzati dell'esercito, fatti confluire appositamente nella capitale. La Pravda annunciò l'arresto di Berija solo il 10 luglio, dandone il merito a Malenkov e facendo riferimento alle "attività criminali contro il Partito e lo Stato" da parte di Berija. In dicembre venne annunciato che Berija e sei complici "sul libro paga di servizi segreti stranieri avevano "cospirato per molti anni per prendere il potere in Unione Sovietica e restaurare il capitalismo".
Berija venne processato da un "tribunale speciale" in assenza delle parti e senza appello. Quando venne approvata la sentenza di morte, secondo un successivo racconto di Moskalenko, Berija implorò pietà in ginocchio, ma lui e i suoi subordinati vennero giustiziati immediatamente.
Secondo altri resoconti (tra cui quello del figlio), la casa di Berija venne assaltata il 26 giugno 1953 da unità militari e Berija rimase ucciso sul posto. Un membro del tribunale speciale, Nikolay Schwernik, disse in seguito al figlio di Berija di non aver mai visto suo padre vivo.
La moglie e il figlio di Berija vennero inviati in un campo di lavoro, ma sopravvissero e vennero rilasciati. Il figlio, Sergo Berija, è ancora vivo e difende la reputazione del padre. Dopo la morte di Berija, l'MVD venne ridotto dallo status di ministero a quello di comitato (divenuto noto come KGB) e nessun capo di polizia sovietico ebbe mai lo stesso potere che aveva avuto Berija.
Nel maggio del 2000, la Corte Suprema della Federazione Russa respinse un istanza da parte di membri della famiglia di Berija per ribaltare la condanna del 1953. L'istanza si basava su una legge russa che prevedeva la riabilitazione delle vittime di false accuse politiche. La corte sostenne che "Berija fu l'organizzatore della repressione contro il suo stesso popolo, e quindi non poteva essere considerato una vittima".


Anche se Berija venne formalmente condannato per essere una spia britannica, la leadership comunista cercò da subito di "insaporire" le accuse con altre informali e di natura più personale. Queste comprendono illazioni secondo cui avrebbe stuprato numerose donne, nonché torturato e ucciso personalmente molte delle sue vittime politiche.
Le accuse di violenza sessuale contro Berija vennero mosse la prima volta in un discorso del Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista, Nikolaj Šatalin, al meeting plenario del comitato del 10 luglio 1953, due settimane dopo l'arresto di Berija. Šatalin disse che Berija aveva avuto relazioni sessuali con numerose donne e che aveva contratto la sifilide come risultato di rapporti con prostitute. Šatalin fece riferimento a una lista (tenuta dalle guardie del corpo di Berija) di oltre 25 donne con cui Berija aveva fatto sesso. Col tempo, comunque, le accuse divennero più drammatiche. Khruščёv nelle sue memorie pubblicate postume, scrisse: "Ci venne data una lista di più di 100 nomi di donne. Vennero trascinate a Berija dai suoi uomini. Ed egli aveva in serbo lo stesso scherzo per tutte: a tutte quelle che arrivavano alla sua casa, Berija faceva un invito a cena e proponeva di bere alla salute di Stalin. E nel vino, mescolava alcune pastiglie di sonnifero...".
Negli anni ottanta, le storie sugli abusi sessuali di Berija comprendevano la violenza su ragazze adolescenti. Anton Antonov-Ovseenko, che scrisse una biografia di Berija, disse in una intervista: "Di notte percorreva la strade di Mosca in cerca di ragazze adolescenti. Quando ne vedeva una che stuzzicava la sua fantasia faceva sì che le sue guardie la accompagnassero a casa sua. Talvolta faceva sì che i suoi scagnozzi gli portassero cinque, sei o sette ragazze. Le faceva spogliare, ad eccezione delle scarpe, e le costringeva a disporsi in cerchio, a gattoni, con le teste vicine. Egli camminava attorno a loro in vestaglia, ispezionandole. Quindi ne prendeva una per le gambe e la trascinava fuori per violentarla. Lo chiamava il gioco del fiore".[4]
Diverse storie sono circolate nel corso degli anni, secondo cui Berija in persona picchiava, torturava e uccideva le sue vittime. Fin dagli anni settanta, i moscoviti hanno raccontato storie di ossa ritrovate nel cortile, nella cantina o nascoste nei muri della ex-residenza di Berija, che oggi funge da ambasciata della Tunisia. Il quotidiano londinese Daily Telegraph riportò nel dicembre 2003: "L'ultimo orribile ritrovamento - un grosso femore e alcune ossa di una gamba, più piccole - avvenne solo due anni fa quando venne ripiastrellata una cucina. Nel seminterrato, Anil, un indiano che ha lavorato all'ambasciata per 17 anni, mostrò un sacchetto di plastica con ossa umane che aveva trovato nelle cantine".
Tali rapporti sono trattati con scetticismo da alcuni commentatori. Si deve notare che nonostante la parziale apertura degli archivi sovietici a partire dal 1991, gran parte del materiale riguardante Berija resta secretato. Memorie delle persone vicine a Berija, come suo figlio Sergo Berija ed un ex capo dei servizi segreti sovietici, Pavel Sudoplatov, negano queste accuse e presentano un ritratto molto diverso di Berija.




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ITALIA-CINA

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