PALUZZA (Udine) — «Bentornata Eluana, nella terra del tuo papà, dei tuoi nonni...». Le prime parole della cerimonia funebre sono come un richiamo, il segno che allora è proprio vero, sta davvero accadendo. Armando Englaro comincia a piangere, a singhiozzare. Guarda davanti a sé la bara di questa nipote così sfortunata, si morde le labbra per frenare le lacrime. La chiesa si riempie delle voci che intonano il Kyrie eleison, e lui assume un'espressione spaesata, si allunga per vedere da dove arriva quel coro. Lo zio di Eluana ha gli stessi occhi azzurri di Beppino, lo stesso profilo aguzzo. Ma è più alto e massiccio, è un uomo sanguigno, che mostra le proprie emozioni essendo incapace di nasconderle. Si vogliono bene, gli Englaro.
L'ammirazione e la riconoscenza che Armando prova per il fratello maggiore si mischia con il dolore per il suo destino. «Mi ha sempre aiutato», racconta alla fine di questo lungo pomeriggio. «Tre fratelli emigrarono in Lussemburgo, lui in Svizzera. Io ho scelto di rimanere a casa. Tante volte mi ha invitato a raggiungerlo. Io non me la sono mai sentita di lasciare Paluzza. E allora lui mi ha aiutato ad aprire la nostra ditta di moquette, ha creato la società. Beppino ha fatto tutto, io sono solo un artigiano». Ogni tanto anche i fratelli minori, e con i suoi 62 anni Armando è l'ultimogenito, riescono a farsi ascoltare. Il funerale l'ha voluto lui. È riuscito a convincere Beppino, che invece è del 1941, troppo amareggiato con la Chiesa per riuscire a vedere la necessità di quest'ultimo saluto alla sua Eluana. «Ne abbiamo parlato, e alla fine si è fidato. Mi ha lasciato fare su tutto. Penso di aver fatto la scelta giusta, anche per lui. Sono convinto che se avesse cremato Eluana, alla fine se ne sarebbe pentito. Credo di avergli evitato il rimpianto». Il funerale ha finito per somigliare a chi l'ha così fortemente voluto. A lui, Armando. I due vigili urbani in divisa che controllano i fedeli e intanto hanno i lucciconi agli occhi mentre ascoltano la bella omelia di don Tarcisio Puntel.
I paesani che dicono «mandi» a noi forestieri, e assistono attenti e partecipi alla funzione. La sobrietà dei gesti, le poche parole, nessun applauso all'uscita del feretro. Un funerale fatto di silenzi e dignità, a immagine di questa Italia diversa che si chiama Carnia. «È la mia piccola patria» dice Armando, e si capisce che lo pensa davvero, che l'adesione a questa identità così forte è sincera, sentita. «Eluana doveva essere sepolta qui, e doveva avere il suo funerale. Era un tributo che dovevamo a Paluzza, ai nostri compaesani. E poi riposerà qui, tra queste valli. Le guardi, non sono belle? A mia nipote avrebbe fatto piacere, ne sono sicuro». Nello scandire queste ultime parole Armando Englaro si emoziona. Anche lui ha sofferto molto, viveva Eluana come una figlia, ma ha sempre cercato di non farlo vedere a Beppino. Armando è cattolico, è stato pellegrino a Santiago di Compostela e tante volte a Lourdes. Beppino lo ha ripetuto spesso, «non ho il conforto della fede». Tra fratelli magari si discute, ma nel dolore ci si tiene, si sta insieme, si annullano divergenze e differenze. «Sono preoccupato per lui. Adesso è molto provato, ma sono sicuro che ce la farà. Mio fratello è molto forte».
Armando è un uomo che usa parole semplici per farsi capire. Il suo mondo è tutto qui. Paluzza, tremila anime, la piazza rettangolare con municipio, scuola e banca. Il bar Picin per giocare a carte con gli amici, l'azienda di moquette all'inizio del paese, la villetta sulla statale, una manciata di chilometri tra l'osteria Le Trote e le montagne, la neve che arriva a settembre e chissà quando se ne va. «Eluana — dice lui — aveva dentro di sé lo spirito di questa terra. Era una carnica vera, una ragazza ostinata e libera». Per un'ora soltanto, l'ultima del suo passaggio su questa terra, zio Armando le ha fatto da padre. Si è commosso anche al saluto finale di don Tarcisio, pronunciato in dialetto. Le ha fatto ciao con la mano, come se stesse per partire. «Adesso puoi davvero riposare in pace» ha detto sulla tomba. Aveva ragione, il più piccolo dei cinque fratelli Englaro. I funerali servono anche a questo, a ricordare chi era la persona che stiamo perdendo, da dove veniva, quali erano le sue radici. Mandi, Eluana.
I paesani che dicono «mandi» a noi forestieri, e assistono attenti e partecipi alla funzione. La sobrietà dei gesti, le poche parole, nessun applauso all'uscita del feretro. Un funerale fatto di silenzi e dignità, a immagine di questa Italia diversa che si chiama Carnia. «È la mia piccola patria» dice Armando, e si capisce che lo pensa davvero, che l'adesione a questa identità così forte è sincera, sentita. «Eluana doveva essere sepolta qui, e doveva avere il suo funerale. Era un tributo che dovevamo a Paluzza, ai nostri compaesani. E poi riposerà qui, tra queste valli. Le guardi, non sono belle? A mia nipote avrebbe fatto piacere, ne sono sicuro». Nello scandire queste ultime parole Armando Englaro si emoziona. Anche lui ha sofferto molto, viveva Eluana come una figlia, ma ha sempre cercato di non farlo vedere a Beppino. Armando è cattolico, è stato pellegrino a Santiago di Compostela e tante volte a Lourdes. Beppino lo ha ripetuto spesso, «non ho il conforto della fede». Tra fratelli magari si discute, ma nel dolore ci si tiene, si sta insieme, si annullano divergenze e differenze. «Sono preoccupato per lui. Adesso è molto provato, ma sono sicuro che ce la farà. Mio fratello è molto forte».
Armando è un uomo che usa parole semplici per farsi capire. Il suo mondo è tutto qui. Paluzza, tremila anime, la piazza rettangolare con municipio, scuola e banca. Il bar Picin per giocare a carte con gli amici, l'azienda di moquette all'inizio del paese, la villetta sulla statale, una manciata di chilometri tra l'osteria Le Trote e le montagne, la neve che arriva a settembre e chissà quando se ne va. «Eluana — dice lui — aveva dentro di sé lo spirito di questa terra. Era una carnica vera, una ragazza ostinata e libera». Per un'ora soltanto, l'ultima del suo passaggio su questa terra, zio Armando le ha fatto da padre. Si è commosso anche al saluto finale di don Tarcisio, pronunciato in dialetto. Le ha fatto ciao con la mano, come se stesse per partire. «Adesso puoi davvero riposare in pace» ha detto sulla tomba. Aveva ragione, il più piccolo dei cinque fratelli Englaro. I funerali servono anche a questo, a ricordare chi era la persona che stiamo perdendo, da dove veniva, quali erano le sue radici. Mandi, Eluana.
I FUNERALI- Per l’ultimo saluto a Eluana Englaro si sono spenti i microfoni e abbassati i toni, fino a tacere del tutto. Tante persone, circa quattrocento tra cui una sessantina di giornalisti, si sono raccolte ieri nel cimitero del paese in Carnia per l’ultimo saluto a Eluana Englaro, che si è spenta lunedì dopo un calvario durato 17 anni e culminato in dieci giorni di polemiche, scontri, clamore politico e mediatico. La bara di legno chiaro coperta di rose rosse e mughetti è stata sepolta nella cappella di famiglia, tra i nonni paterni Giobatta Englaro e Iolanda Di Centa. E finalmente il corteo di parenti, amici di famiglia, residenti del paese, curiosi e giornalisti si è disperso in un silenzio pesante. Il carro funebre ha lasciato l’ospedale di Udine alle 13, scortato da due auto della polizia e seguito da un terzo veicolo con a bordo lo zio Armando Englaro, in completo scuro e cravatta rosso sangue. Il corteo ha quindi imboccato la strada per Paluzza, sostando qualche minuto davanti alla casa della famiglia Englaro dove papà Beppino e mamma Saturna sono usciti per dire addio alla figlia. Nessuno dei due ha seguito il feretro fino alla chiesetta di San Daniele né ha assistito al funerale, così come annunciato già nei giorni scorsi. In parte per le condizioni di salute della madre, in parte per evitare «l’assedio mediatico» - parole di zio Armando - che da Udine si è trasferito in Carnia già da qualche giorno. La funzione religiosa è iniziata poco prima delle 15 e si è svolta a porte chiuse, dietro ai banchi solo lo zio Armando, il sindaco di Paluzza Aldo Maieron e pochissimi amici di famiglia tra i quali il senatore Ferruccio Saro e il consigliere regionale Alessandro Colautti, oltre alle due amiche del cuore di Eluana, arrivate da Lecco. La bara è stata benedetta sul sagrato e quindi portata in chiesa. Ingresso sbarrato a curiosi, microfoni e telecamere, dentro solo la voce del parroco del paese. «Tu, cara Eluana, adesso sai qual è veramente la verità. Riposa in pace in mezzo ai nostri monti». Queste le parole che hanno chiuso l’omelia di don Puntel, che ha espresso gratitudine per la scelta degli Englaro del funerale religioso e ha pure ricordato: «In questi tempi ci siamo scontrati, ma davanti ad Eluana abbiamo il capo chino e d’ora in avanti dobbiamo camminare insieme. Voglio rassicurarvi - ha aggiunto - che la Chiesa non si è sentita estranea alla vostra vicenda e che quanti hanno pregato, non l’hanno fatto “contro” ma “per”, specificatamente per Eluana». Ed era stato lo stesso religioso a lanciare ieri mattino un appello ai mezzi di comunicazione perché «il dolore» non fosse trasformato «in spettacolo». Silenzio anche all’uscita del feretro dalla chiesa, quando i presenti si sono organizzati in un lungo corteo per accompagnare Eluana al vicino cimitero di paese. Qui don Puntel ha usato la lingua friulana, quella del ramo paterno della famiglia Englaro, per l’ultimo saluto: «Ciao, Eluana».
(AGI) - Paluzza (Udine), 12 feb. - "Tu, cara Eluana, adesso sai qual e' veramente la verita'. Riposa in pace in mezzo ai nostri monti". E' stato don Tarcisio Puntel, parroco di Paluzza, a pronunciare l'omelia del rito funebre di Eluana Englaro svoltosi nella chiesa di San Daniele. Un'omelia che don Tarcisio ha preparato la notte scorsa, dopo essersi inginocchiato davanti al Crocifisso cercando di approfondire "il mistero del dolore", ha spiegato. "Ho cosi' capito che quella croce e' fonte di vita e di speranza. Lo e' stata per duemila anni e, in particolare, per tanti ammalati che guardando a Lui, al Crocifisso, ricevono forza e grazie". Don Puntel, ai fedeli in chiesa e, in particolare ai familiari, lo zio di Eluana, Armando seduti ai primi banchi, ha detto: "In questi tempi ci siamo scontrati, ma davanti ad Eluana abbiamo il capo chino e d'ora in avanti dobbiamo camminare insieme. Ognuno deve porsi davanti alla sua coscienza, educata al rispetto della vita". Il sacerdote ha ringraziato la famiglia Englaro per aver voluto le esequie religiose. "Voglio rassicurarvi che la Chiesa non si e' sentita estranea alla vostra vicenda e che quanti hanno pregato, non l'hanno fatto 'contro' ma 'per', specificatamente per Eluana". Don Puntel si e' fatto portavoce della vicinanza dell'arcivescovo di Udine, monsignor Pietro Brollo, "spiritualmente qui", che in questi giorni sottolineo' quanti interrogativi sul senso della vita Eluana aveva sollevato. Rivolgendosi infine a Beppino Englaro, che non ha partecipato al rito funebre, ma che ha salutato sua figlia da casa, dove l'automobile con la bara ha sostato qualche minuto, don Puntel ha detto: "Le porte non sono chiuse, voglio continuare il dialogo che abbiamo intrapreso". Subito dopo la cerimonia la salma di Eluana Englaro e' stata tumulata nel cimitero di San Daniele, nella tomba di famiglia accanto ai nonni. Oltre 500 persone hanno assistito alla tumulazione, tra cui le due due amiche di Eluana arrivate da Lecco, alcuni politici regionali, Ferruccio Saro (Pdl), il consigliere regionale Alessandro Collutti (Pdl), il carnico Gabriele Renzulli, Volpe Pasini di Sos Italia. Tutto si e' svolto nel piu' assoluto silenzio, con la gente commossa in preghiera.
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